Riforma del Lavoro Renzi: articolo 18 e nuovi contratti lavoro

Riforma del lavoro Renzi cos'è cambiato abolizione articolo 18, reintegro lavoratore licenziato senza giusta causa e NASPI e nuovi contratti di lavoro

Redazione
di Redazione
7 settembre 2019 11:51
Riforma del Lavoro Renzi: articolo 18 e nuovi contratti lavoro

La Riforma del Lavoro Renzi come intervento urgente e necessario per far riprendere l'economia italiana, bloccata ormai da vari anni, come sappiamo, è stata al centro di un dibattito politico molto agguerrito, terminato con l'approvazione definitiva del famoso Jobs Act di Renzi.

 

Il PD, era spaccato all'interno da correnti renziane che appoggiavano ovviamente il Governo e da altre invece contrarie alla abolizione dell'Articolo 18 per i neoassunti con i nuovi contratti di lavoro a tutele crescenti, che di fatto darebbero origine ad una vera e propria discriminazione nel settore privato tra dipendenti di seria A e di serie B.

 

I Sindacati, in primis la CGIL della Camusso, da sempre schierati in difesa dell'articolo 18 erano contrari ad una riforma del lavoro così penalizzante per i lavoratori.

 

A destra partiti come Forza Italia, erano invece favorevoli ad una urgente riforma del lavoro migliorabile al passaggio alle Camere.

 

In questo scenario molto confuso, fu di fondamentale importanza capire come stavano esattamente le cose, e cioè capire non solo cosa prevedeva la Riforma del Lavoro di Renzi, ma anche cosa e come sarebbe cambiato di lì a poco, il mondo del lavoro.

 

Riforma del Lavoro Renzi: cosa ha previsto?

Riforma del Lavoro Renzi cosa ha previsto? 

La Riforma del Lavoro Renzi, ha previsto in primis la possibilità in Italia di avere solo due forme di lavoro il lavoro autonomo con partita IVA e il lavoro da dipendente con contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti e quello a tempo determinato.

 

Quest'ultima però più sfavorevole per l'azienda che non avrebbe così diritto ad avere uno sconto sul costo del lavoro, diversamente di quanto accadrebbe se decidesse di inquadrare i neoassunti con contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti.

 

Tali incentivi, però dovrebbero essere restituiti allo Stato nel caso in cui, l'azienda in questione licenzi entro 3 anni, il neosassunto senza giusta causa. In questo modo, la riforma andrebbe a colpire i soliti furbetti del lavoro che assumono grazie agli sgravi fiscali e licenziano una volta finito il periodo di incentivo e limiterebbe l'uso di contratti a tempo determinato più costosi e sfavorevoli, solo nelle situazioni di reale necessità come ad esempio le attività stagionali.

 

Nel testo del DDL Delega si è parlato anche della possibilità di inserire il TFR subito in busta paga per i lavoratori del settore privato, per un valore di circa 70 euro netti in più al mese su uno stipendio mensile di 1300 euro già tassato.

 

Con il nuovo governo giallo-verde è iniziata procedura per smontare pezzo per pezzo il Jobs Act a cominciare con il decreto Dignità di Di Maio.

 

Jobs Act Renzi: nuovi contratti di lavoro

La Riforma del Lavoro di Renzi testo pdf Jobs Act verte su due punti fondamentali che sono:

1) Abolizione di più di 40 forme contrattuale lasciando solo due forme: lavoro autonomo e lavoro dipendente a tempo determinato e indeterminato. 

2) Riforma articolo 18 solo per i neoassunti con contratto a tempo indeterminato a tutela crescenti.

 

Quindi cosa sono e come funzionano i nuovi contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti?

Sono contratti di lavoro a tempo indeterminato che prevedono tutele crescenti che aumentano con l'anzianità lavorativa.

 

Ciò significa, che per i neoassunti venga modificato l'articolo 18 dello Statuto dei lavoratori, una norma che disciplina la sanzione da applicare al datore di lavoro che licenza ingiustamente un dipendente e che da diritto al reintegro sul posto del lavoro e al risarcimento.

 

Con l'introduzione dei nuovi contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti, il neoassunto licenziato senza giustificato motivo, ha diritto al reintegro solo se tale licenziamento si verifica per motivi discriminatori quindi a causa della sua fede religiosa, politica, appartenenza sindacale, razza, eccetera.

 

In altre parole, l'azienda nei primi 3 anni di contratto a tempo indeterminato può licenziare liberamente i suoi dipendenti ma paga un’indennità di licenziamento crescente in rapporto agli anni di servizio, quindi uno stipendio per ogni anno di lavoro fino ad un massimo di 3 mensilità per 3 anni di lavoro, oltre a ricevere l'indennità di disoccupazione NASPI 2019.

Una volta licenziato il lavoratore, infatti, oltre a ricevere l'indennizzo da parte dell'azienda ha diritto all’indennità di disoccupazione.

Per maggiori informazioni, leggi anche: contratti a tempo indeterminato a tutele crescenti 2019.

 

Articolo 18: licenziamento ingiustificato e per giusta causa:

La riforma del Lavoro in vigore da giugno 2015 verte soprattutto su due temi

  • 1) l'abolizione dell'articolo 18 per i neoassunti, e

  • 2) nuovi contratti di lavoro a protezioni crescenti. Per capire bene quindi di cosa stiamo parlando dobbiamo innanzitutto vedere il campo di applicazione dell'articolo 18. Tale articolo nello Statuto dei Lavoratori sancisce la sanzione per quei datori di lavoro che senza un giustificato motivo licenziano il lavoratore. 

Le differenze quindi tra un licenziamento ingiustificato e uno per giusta causa, è che con il primo il lavoratore viene licenziato in modo illegittimo e in questo caso il datore di lavoro è sanzionato con la massima pena stabilita dall'articolo 18, ossia, con il reintegro del lavoratore e risarcimento.

Il licenziamento per giusta causa, invece si verifica quando il datore di lavoro decide di recedere un contratto di lavoro quando si è in presenza di una causa talmente grave da non consentire la prosecuzione del rapporto lavorativo che viene cessato senza preavviso.

 

Motivo del licenziamento per giusta causa senza preavviso è per esempio commettere un grave inadempimento contrattuale, una causa del licenziamento per giustificato motivo oggettivo con preavviso è invece aver commesso errori o mancanze tali da compromettere la produzione, l'organizzazione e il funzionamento dell'attività lavorativa, per licenziamento giustificato motivo soggettivo con preavviso invece si ha causa di comportamenti disciplinari del dipendente ritenuti lesivi dall'azienda. Per maggiori approfondimenti leggi anche: licenziamenti 2019.

 

Statuto dei Lavoratori prima della riforma:

L'articolo 18 Statuto dei Lavoratori fa parte delle disposizioni che disciplinano il licenziamento privo di giusta causa o giustificato motivo.

Nello specifico, il licenziamento ingiustificato del lavoratore è disciplinato e sanzionato a seconda delle dimensioni occupazionali del datore di lavoro. Pertanto i licenziamento ingiustificato è regolamentato dall'art.18 della Legge 300/70 e dalla Legge 108/90, vediamo insieme il campo di applicazione delle due leggi.

 

1) Articolo 18 Legge 300/70 Statuto dei Lavoratori si applica a:

Aziende con più di 15 dipendenti impiegati per ciascuna unità produttiva che salgono a 20 per l'impresa agricola.

Datori di lavoro con più di 15 dipendenti nel Comune che aumentano a 20 per l'impresa agricola, a prescindere dal numero di dipendenti impiegati nelle singole unità produttive.

Datori di lavoro con più di 60 dipendenti in tutta Italia a prescindere dal numero di lavoratori impiegati in ciascuna unità produttiva.

 

Come viene regolato e difeso oggi il lavoratore che viene licenziato ingiustamente?

Oggi se il Tribunale del lavoro riconosce al lavoratore il licenziamento senza giustificato motivo in base all'articolo 18, il dipendete ottiene: Il reintegro nel suo posto di lavoro e Il Risarcimento di tutte le retribuzioni maturate dal giorno del licenziamento sino al giorno del reintegro sul posto lavoro, compreso il versamento dei contributi previdenziali ed assistenziali. Un risarcimento che comunque non può essere inferiore a 5 mensilità di retribuzione.

Nel caso in cui, invece, il lavoratore non voglia essere reintegrato in azienda, ha diritto a ricevere una indennità pari a 15 mensilità di retribuzione compresa la 13ma, 14ma, e TFR.

 

Come cambia l'articolo 18 con la nuova riforma del Lavoro? 

Il lavoratore assunto con un contratto a tempo indeterminato a tutele crescenti dopo l'entrata in vigore della riforma del Lavoro 2014, può venire licenziato dall'azienda nei primi 3 anni di contratto senza motivo, fatta eccezione per la discriminazione razziale, fede religiosa, politica ecc. Il lavoratore quindi non avendo la tutela dell'articolo 18, non ha diritto al reintegro e al risarcimento anche se il licenziamento è illegittimo. Ha diritto solo ad ottenere un'indennità pagata dall'azienda pari ad una mensilità per ogni anno di servizio effettuato, comprensiva di tredicesima, ferie, permessi e TFR e all'indennità di disoccupazione ASpI.

 

2) Legge 108/90 si applica a: Aziende con più di 15 dipendenti ma meno di 60 dipendenti, se nelle singole unità produttive o nel comune non ci sono più 16 dipendenti. In questo caso, la legge sanziona il datore di lavoro che licenzia ingiustamente un dipendente scegliendo di reintegrare il lavoratore o pagare il risarcimento del danno.

Il danno economico viene così quantificato: per le aziende com meno di 16 dipendenti: risarcimento da 2,5 a 6 mensilità di retribuzione. 

Per le aziende con più di 15 dipendenti il risarcimento economico viene quantificato in funzione dell’anzianità del lavoratore in azienda, ovvero, fino a 10 anni: da 2.5 a 6 mensilità di retribuzione; da 10 a 20 anni di servizio da 2,5 a 10 mensilità, oltre i 20 anni di attività da 2,5 a 14 mensilità di retribuzione.

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