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L’eleganza del riciclo avanza sul red carpet, fa scuola Via col Vento

Cate Blanchett, Kate Middleton e Lavinia Biagiotti guidano le truppe del vestito già usato e visto. Fanno eccezione le trucide-lucide del reality show

L’eleganza del riciclo avanza sul red carpet, fa scuola Via col Vento

C’è voluto molto tempo, per noi italiani nuovi ricchi che ancora non ci siamo abbastanza pasciuti di abiti nuovi, macchine luccicanti, viaggi, bocce di champagne, per capire che l’eleganza non equivale allo sfoggio continuo di abiti nuovi e oggetti che danno nell’occhio, tape à l’oeil come dicono i francesi. Le ultime due settimane, però, ci hanno dato la dimostrazione che non solo si può indossare due volte lo stesso vestito su un red carpet, ma che anzi è molto cool farlo, e che indossare abiti realizzati in tessuto riciclato da vecchi ombrelli, o dai nostri stessi jeans, è quanto di più sostenibile (cioè, ancora una volta, cool) si possa fare in questo momento.

 

Qualcosa che bisogna, anzi, raccontare in giro, facendone argomento di conversazione e motivo di vanto. E dunque, ampiamente annunciato dalla stylist Elizabeth Stewart, ecco la presidente della giuria della Mostra del Cinema Cate Blanchett che indossa esclusivamente abiti già portati nelle grandi occasioni del cinema mondiale (e nel frattempo, dopo aver definito il festival “un miracolo”, si sottopone senza lamentarsi a tutte le norme anti-Covid).


Nessun abito nuovo, a differenza delle trucide-lucide dei reality show, accolte sul red carpet in mancanza di meglio, ma molti abiti bellissimi che era un piacere rivedere (e commentare come le stessero ancora bene): un Esteban Cortazar indossato alla premiere di Carol nel 2015 e alla cerimonia di apertura a Venezia, per esempio (e poi donato alle aste di beneficenza delle charity Facing History and Ourselves e UN Women). Oppure gli splendidi Giorgio Armani, di cui è testimonial, tutti felicemente già visti.

 

Ricicla anche Kate Middleton, che è anzi una veterana della tendenza, ben sapendo che nell’ambiente dell’aristocrazia, utilizzare vecchi abiti di grande fattura è segno di distinzione, esattamente come vivere nella casa avita, fra i mobili di sempre (mio padre, per definire un cafone, diceva che “si è dovuto comprare i mobili”). Per presentare la sua nuova collezione sulla piazza del Campidoglio, l’altra sera Lavinia Biagiotti ha voluto indossare un abito del 1999 a cui è particolarmente legata. C’è voglia di continuità, e questa include anche l’abito, anzi spesso da questo parte.


Si indossano quasi fossero bandiere, come nella famosa battuta di Mamie dopo la sconfitta degli stati confederati nella Guerra di Secessione a Scarlett O’Hara che smania per il possesso di vestiti nuovi e vistosi: “Le vere signore portano vestiti vecchi e li portano con orgoglio”. Tira aria di recupero ovunque, e sono i giovani i più attenti al vintage, al riciclo, al vecchio “revamped”: “I was an umbrella” è l’etichetta della nuova collezione di accessori per il brand 23è (perlopiù cappelli, adorabili) di Deborah Correnti e Mirco Marchetti presentata a Taomoda, la manifestazione taorminese di moda, design e cultura arrivata alla ventunesima edizione, mentre sono in Econyl, cioè in filato riciclato, le divertenti t shirt “Mollo tutto” (l’avrete certamente visto declinato ad hoc per le città di mare e montagna, tipo “Mollo tutto e vivo a Santa”, “Mollo tutto e vivo a Courma”: il brand della stilista Natalie Rossi è siciliano ma scrive come un milanese).

 

Per presentare le nuove firme del settore, la presidente di Taomoda, Agata Patrizia Saccone, ha voluto indossare a sua volta, a tutti i costi, un abito già sfoggiato. Nulla è più nuovo del vecchio. Nulla più cheap del nuovo. 

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