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L’haute couture in digitale aperta a tutti, ma i big possono investire

Si pensava che lo stop alle sfilate fisiche potesse favorire gli stilisti emergenti, invece Valentino, Dior e Armani restano comunque i protagonisti

L’haute couture in digitale aperta a tutti, ma i big possono investire

A inizio pandemia, noi che di moda e costume principalmente ci occupiamo ci eravamo detti che la sospensione delle sfilate fisiche, con il loro grand train di location costose, inviti in cartoncino alto tre dita consegnati a casa fra cespugli di fiori, auto blu e cocktail, avrebbe favorito una maggiore parità fra le grandi maison e i nuovi nomi, i famosi “talent”, come vengono definiti un po' scioccamente tutti i giovani – cantanti o influencer o stilisti che siano – che mirano ad affermarsi in qualche branca creativa.

 

Con il lockdown tutti, inevitabilmente, avrebbero dovuto competere con le armi pari dei social e del web. E tutto il mondo della moda, i buyer e i giornalisti, costretti dietro allo schermo di un computer, avrebbero avuto la possibilità di assistere a sfilate e presentazioni alle quali di solito non si presentavano affatto, di solito non per cattiva volontà ma perché troppo impegnati e assorbiti dalle sirene di richiamo dei grandi nomi (quasi nessuno lo sa, ma i critici di maggiore rilevanza vengono invitati prima della sfilata, talvolta anche due giorni prima, a un incontro riservato con lo stilista per osservare da vicino dettagli della collezione e raccogliere informazioni sull'ispirazione da cui è nata che in passerella o in backstage, fra le urla di giubilo e gli abbracci, sarebbe impossibile cogliere: questi momenti, pur preziosissimi, tolgono altro tempo alla conoscenza di altre proposte).

 

Di questo nuovo stato di cose eravamo anche, in un certo senso, felici: il lockdown, e l'atroce virus, erano una livella nella grande società della moda e dell'immagine. Ce lo aveva confermato il presidente della Camera Nazionale della Moda, Carlo Capasa: vedrai, vedrete; questa costrizione sarà un volano per i piccoli stilisti. E lo diceva con convinzione. Le premesse, dopotutto, erano buone, buonissime. Ma ancora una volta, complice la nostra pigrizia, ma soprattutto la limitatezza, la finitezza del tempo che ciascuno di noi può trascorrere di fronte al computer, ha vinto il più forte, cioè chi ha i mezzi per trasformare in realtà, fosse pure virtuale, i progetti più ambiziosi.

 

Chi può permettersi i creativi migliori, i registi più geniali, le modelle più famose, ospitandoli sontuosamente, sottoponendoli tutti a tamponi antigenici e distanziandoli. Mentre le fiere e le piccole esposizioni che fino a oggi avevano dato voce alle piccole e medie realtà della moda stentano a trovare una formula di proposizione che non sia quella, ormai usurata, del webinar, grazie alla loro capacità economica e iconica di richiamo i big name hanno dato invece prova di una capacità reazione e di creatività straordinari.

 

L'altro giorno siamo rimasti immobili per venti minuti, “medusati” come si dice in Francia, cioè sostanzialmente paralizzati dallo sguardo della Medusa mitologica, davanti a “Code temporal”, il progetto d'arte audiovisiva da intelligenza artificiale che Robert Del Naja, fondatore dei Massive Attack (e qualcuno dice non lontanissimo dalla figura di Bansky…) ha ideato lavorando per mesi interi con l'artista Mario Klingemann e con il direttore creativo di Valentino Pierpaolo Piccioli, esplorando il processo di creazione dell'alta moda e giocando con simmetrie tra i sistemi appresi e la trasgressione umana, cioè fra norma e genio. Allo stesso modo, abbiamo rivisto forse per dieci volte il film magico che Matteo Garrone ha ideato e diretto dal castello di Sammezzano, capolavoro abbandonato dell'eclettismo, per la collezione couture di Dior, partendo da una delle debolezze del fondatore Christian, e cioè l'arte della divinazione, e dal famoso mazzo dei tarocchi Visconti di Modrone istoriato da Pietro Ruffo (un derivato dal capostipite del genere, il mazzo Visconti Sforza, da cui traggono origine la variante marsigliese e in genere i mazzi di tarocchi odierni).

 

Dall'idea primigenia della direttrice creativa Maria Grazia Chiuri, e cioè esplorare la debolezza di monsieur Dior per i talismani e l'arte dell'esplorazione dell'arcano, è nato per un progetto che si inscriverà nella storia della moda, riallacciandosi idealmente a una serie di collezioni cariche di riferimenti esoterici. Nulla di tutto questo sarebbe stato lontanamente approcciabile con gli stessi risultati da un giovane stilista, seppur geniale come è, per esempio, Charles de Vilmorin, nuovo protégé di Jean Paul Gaultier e lontano cugino della famosa scrittrice novecentesca Louise.

 

Nessuno di loro avrebbe potuto ingaggiare una “petite bande” di fama stellare come ha fatto Kim Jones per Fendi (poi ha trasformato una meraviglia come Kate Moss in quella che una follower Instagram del marchio, probabilmente originaria del Montana dove il department store è un riferimento preciso, ha definito “la madre della sposa vestita da Dillon”, ma questo con lo sfoggio di potere mediatico del mediaticissimo Kim non c'entra). Di fronte a prove come queste, e alle quali va aggiunta la settimana di Film Festival di Gucci di novembre, o i colloqui online di Miuccia Prada e Raf Simons con decine di studenti selezionati in tutto il mondo, è inevitabile che anche lo spazio del web sembri ormai occupato dalle grandi maison e dai loro colossali progetti.

 

Perfino Alber Elbaz, il cui ritorno dopo quasi sei anni di uscita di scena dopo la lunga direzione creativa di Lanvin è stata salutata con le feste e l'amore reale e spontaneo di cui anche il mondo della moda sa dare prova, non si è limitato a organizzare una semplice sfilata online per la sua nuova collezione di moda pronta sviluppata con il supporto del gruppo Richemont, ma l'ha trasformata nella puntata di un talent show di una tale complessità narrativa che solo una grande produzione avrebbe potuto risolverla. Dunque no, la pandemia non ha reso la moda più democratica e approcciabile per i giovani creativi.  È accaduto giusto il contrario. Da quando i social sono diventati terreno di interesse per i grandi brand, lo spazio disponibile e le opportunità di farsi ascoltare da chi non ha mezzi e agganci si sono ulteriormente ridotte.

 

Però, la moda si è fatta più democratica per gli osservatori. Tutti noi abbiamo decine di amici che in questi giorni si sono collegati con la piattaforma della Fédération de la Couture di Parigi e hanno assistito in diretta, come chiunque altro, a tutti gli eventi (beh, quasi tutti: qualche presentazione in presenza c’è stata; in Italia Giorgio Armani ha invitato in diversi piccoli gruppi di critici e direttori, previo tampone antigenico, nel suo palazzo di via Borgonuovo per vivere da vicino la magia della sua collezione, gesto molto gradito).

 

Il risultato di questa forzata apertura al vastissimo pubblico di un mondo fino a oggi molto chiuso, ha prodotto un'incredibile attrazione e anche una reale e immediata decodifica dei messaggi: da parte di gente del tutto estranea al mondo dell'alta moda, abbiamo ascoltato e letto commenti acutissimi e coerenti, come non accadeva un tempo nemmeno per le sfilate del pret-à-porter. Ferma a riflettere su se stessa, per mesi, l'alta moda che del sistema è la punta di diamante, lo spirito e la capacità manuale purissime e primigenie, ha saputo ricostruire un legame con il mondo reale di cui non la credevamo quasi più capace. L'altissimo della manifattura ha trovato il modo di dialogare con la strada. È un segnale importante per il suo futuro.

 

Robert Del Naja (3D – Massive Attack) presenterà in anteprima “Code Temporal”, una nuova opera d'arte audiovisiva. Il film artwork – continuazione della sperimentazione di Del Naja con l'artista Mario Klingemann, che lavora con l'intelligenza artificiale, dalla quale sono emerse forme nella sfilata dal vivo “Mezzanine XXI” e nell'EP del 2020 “Eutopia” – è stato prodotto in risposta al dialogo tra il Direttore Creativo di Valentino Pierpaolo Piccioli e Del Naja. Il lavoro esplora il processo stesso della collezione di Haute Couture, giocando con simmetrie tra i sistemi appresi e la trasgressione umana, e la spontaneità dell' apprendimento automatico. Con uno script fatto di brani assemblati come un collage, l'opera è stata filmata e osservata da algoritmi di apprendimento automatico montati spontaneamente da reti neuronali addestrate da Klingemann. Le immagini girate durante la meticolosa creazione della nuova collezione a Roma – informazioni sul making of della collezione stessa, i volti delle sarte e la fotografia time-lapse del work in progress sul manichino sartoriale – diventano tutte sequenze algoritmiche elaborate e scandite da una nuova musica grazie alla macchina.

Il codice temporale di questo processo della Couture diventa una narrativa digitale nella collaborazione con Del Naja: un documento completo e a sé stante del lungo processo dell' Atelier, che culmina nella sfilata di moda di Roma, alla Galleria Colonna, Sala Grande.


Robert Del Naja è un artista, musicista e attivista conosciuto soprattutto come uno dei fondatori dei Massive Attack, per essere stato pioniere di tecniche di street art e per le innovazioni multidisciplinari nell'uso della visualizzazione dei dati e della tecnologia dell'IA, applicate ai campi dell'arte, della musica e del documentario.


Mario Klingemann è un artista che usa gli algoritmi e l'intelligenza artificiale per creare ed esplorare sistemi. È particolarmente interessato alla percezione umana dell'arte e della creatività.

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