EditorialiOpinioniAnalisiInchiesteIntervisteScenariFirme
I chiarimenti

Come utilizzare il decreto Sostegni, che non usa più i codici Ateco

Ecco tutti i calcoli, le deroghe per le partite Iva attivate nel 2019 e i criteri per la determinazione del fatturato. E una critica molto sentita

Come utilizzare il decreto Sostegni, che non usa più i codici Ateco

Il primo articolo del tanto atteso Decreto Sostegni (la cui approvazione, sotto il nome di Ristori, era attesa già dall'inizio del 2021, è stata ritardata dalla crisi di Governo che ha portato Mario Draghi alla guida del nuovo esecutivo) ha introdotto un nuovo contributo a fondo perduto per imprese e professionisti che hanno maggiormente subito, da un punto di vista economico, le conseguenze della pandemia da coronavirus che sta interessando il nostro paese (e il mondo intero).

A differenza della serie dei decreti Ristori di contiana memoria, questa volta il contributo è stato di fatto "slegato" dai codici Ateco delle attività che hanno maggiormente subito le restrizioni imposte dai vari Dpcm. La misura prevede un contributo a fondo perduto, commisurato alla perdita media mensile subita nell'anno 2020, rispetto all'anno 2019, per gli esercenti attività di impresa, arti e professioni, a condizione che la perdita subita sia almeno pari al 30% rispetto al periodo precedente (con delle particolari esenzioni per chi ha iniziato l'attività a partire dal 2019).

 

Ecco come fare il calcolo

La norma prevede un contributo calcolato applicando una percentuale, che va dal 60 al 20 percento in base ai ricavi conseguiti nell'anno 2019, sulla differenza  tra l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2019 e l'ammontare medio mensile del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2020. Le percentuali sono le seguenti:

  • Per i soggetti con ricavi e compensi fino a 100.000 euro, il 60%;

  • Per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 100.000 euro e fino a 400.000 euro, il 50%;

  • Per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 400.000 euro e fino a 1.000.000 di euro, il 40%;

  • Per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 1.000.000 di euro e fino a 5.000.000 di euro, il 30%;

  • Per i soggetti con ricavi e compensi superiori a 5.000.000 di euro e fino a 10.000.000 di euro, il 20%.

Per il calcolare la media mensile è necessario dividere per 12 il totale del fatturato e dei corrispettivi dell'anno 2019 e confrontarla con la media mensile, calcolata con la stessa modalità, dell'anno 2020. È previsto inoltre un contributo minimo di 1.000 euro se il soggetto è persona fisica e di 2.000 euro se il soggetto è una persona giuridica.

 

Le deroghe previste per i soggetti che hanno attivato la partita IVA dal 1 gennaio 2019

Il comma 4 prevede delle specifiche deroghe per quelle attività avviate nel 2019. Infatti viene previsto che, per i soggetti che hanno attivato la partita iva dal 1 gennaio 2019 e fino al 23 marzo 2021 (data di pubblicazione del decreto in Gazzetta Ufficiale), il contributo spetta anche in assenza del requisito della perdita del 30% del fatturato. Inoltre, per chi ha attivato la partita IVA nell'anno 2019, la media mensile deve essere calcolata a partire dal mese successivo a quello di attivazione della partita IVA. Le istruzioni pubblicate dall'Agenzia delle Entrate precisano che, ai fini del calcolo della media,  è necessario escludere dal totale del fatturato 2019, quello realizzato nel primo mese di attivazione e dividerlo per il numero dei mesi successivi a quello dell'attivazione della partita IVA.

 

Per esemplificare il concetto, se il contribuente Mario Rossi ha conseguito nel 2019 un fatturato complessivo di 100.000 euro ma attivato la partita IVA il 15/04/2019 fatturando 10.000 euro nel primo mese di attività, la media dovrà essere calcolata escludendo dal fatturato totale quello realizzato del primo mese di attività. La media pertanto sarà la seguente: 90.000 (100.000-10.000)/7=12.857 euro. L'ammontare del contributo per i contribuenti che hanno attivato la partita iva nell'anno 2019 è calcolato sul calo medio mensile del fatturato senza considerare l'effettivo calo di almeno il 30% rispetto al 2019. Sul punto c'era stata molta incertezza. Infatti, nonostante il tenore letterale della norma esoneri dalla verifica del calo di fatturato i contribuenti che hanno aperto l'attività nel 2019, l'amministrazione finanziaria nel provvedimento n. 77923/2021 aveva stabilito che, qualora dal calcolo non si riscontri il calo di fatturato di almeno il 30%, spettava comunque il minimo, anche se il contributo, applicando la percentuale prevista dalla norma per la specifica fascia di ricavi, fosse risultato maggiore.

Tuttavia, con il provvedimento n. 82454/2021 pubblicato il 29 marzo 2021, l'Agenzia ha corretto l'interpretazione iniziale, pubblicando la nuova versione delle istruzioni alla compilazione del modello.

 

Criteri per la determinazione del fatturato

Per determinare correttamente il fatturato, bisogna seguire le seguenti indicazioni, riportate nelle istruzioni del modello approvato dall'Agenzia delle Entrate:

  • devono essere considerate tutte le fatture attive (al netto dell'IVA) con data di effettuazione dell'operazione compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020;

  • occorre tenere conto delle note di variazione di cui all'art. 26 del DPR 633/72 aventi data compresa tra il 1° gennaio e il 31 dicembre degli anni 2019 e 2020;

  • i commercianti al minuto e gli altri contribuenti di cui all'art. 22 del DPR 633/72, devono considerare l'ammontare globale dei corrispettivi (al netto dell'IVA) delle operazioni effettuate negli anni 2019 e 2020;

  • concorrono a formare l'ammontare del fatturato anche le cessioni di beni ammortizzabili;

  • nei casi di operazioni effettuate in ventilazione ovvero con applicazione del regime del margine ovvero operazioni effettuate da agenzie di viaggio, per le quali risulta difficoltoso il calcolo delle fatture e dei corrispettivi al netto dell'IVA, l'importo può essere riportato al lordo dell'IVA (sia con riferimento al 2019 che al 2020);

  • per i soggetti che svolgono operazioni non rilevanti ai fini IVA, come ad esempio le cessioni di tabacchi, giornali e riviste, all'ammontare delle operazioni fatturate e dei corrispettivi rilevanti ai fini IVA vanno sommati gli aggi relativi alle operazioni effettuate non rilevanti ai fini IVA.

 

Con riferimento alla determinazione del fatturato, per analogia con i precedenti contributi a fondo perduto, sono da considerare tutte le operazioni che hanno partecipato alla liquidazione periodica sommando anche le operazioni non rilevanti ai fini IVA purché documentate da fattura e sempreché costituiscano per il soggetto ricavo o compenso (in tal senso la circolare n. 22/E del 21.07.2020 paragrafo 4.3). E' da ritenersi inoltre applicabile ai fini della determinazione del fatturato, la risposta all'interpello Agenzia delle Entrate n. 350/2020 che, relativamente al quesito presentato da una società che ha percepito delle somme escluse da IVA ai sensi dell'art. 2 DPR 633/72 e non documentate da fattura, ha affermato che le stesse devono comunque essere computate sia ai fini del requisito dimensionale che ai fini della riduzione del fatturato.

 

Possibilità di convertire il contributo in credito d'imposta

La particolare novità, rispetto ai precedenti contributi a fondo perduto, è la possibilità di richiedere, in luogo dell'accredito in conto corrente, il riconoscimento di un credito d'imposta pari al contributo spettante da utilizzare esclusivamente in compensazione ai sensi  dell'articolo 17 del decreto legislativo 9 luglio  1997,  n.  241.

La volontà può essere esercitata in sede di presentazione del modello telematico e può essere modificata fino al momento del riconoscimento del contributo (vale a dire fino alla ricezione da parte dell'Agenzia delle Entrate della seconda ricevuta telematica).

 

Controlli preventivi e post erogazione del contributo

A seguito della presentazione dell'istanza di richiesta del contributo, l'Agenzia delle Entrate effettuerà dei controlli sia preventivi che post erogazione del contributo.

In particolare tra i controlli preventivi, l'Agenzia delle Entrate verificherà che:

  • il codice fiscale del soggetto richiedente risulti formalmente corretto e registrato in Anagrafe tributaria (nel caso omocodia del codice fiscale di persona fisica risolta dall'Agenzia delle Entrate con l'attribuzione di un nuovo codice fiscale, l'indicazione nella istanza del precedente codice fiscale determinerà lo scarto dell'istanza in fase di accoglimento);

  • il soggetto richiedente non risulti deceduto alla data di presentazione dell'istanza ovvero cessato alla data del 23 marzo 2021;

  • la partita IVA del soggetto richiedente risulti attiva alla data del 23 marzo 2021 (si ritiene che per partita IVA attiva si intenda la materiale attribuzione della stessa entro la data del 23 marzo, a nulla rilevando l'inizio attività dichiarata nel modello di presentazione della richiesta di attribuzione);

  • nel caso di istanza da parte dell'Erede che prosegue l'attività del de cuius, la presentazione da parte del soggetto richiedente di un modello AA9 con il quale l'erede prosegue effettivamente l'attività del de cuius.

Controlli che verranno effettuati anche in merito ai requisiti richiesti per beneficiare del contributo a fondo perduto.

Infatti l'Agenzia delle Entrate verificherà:

  • se in presenza di compilazione del campo "soggetto che ha attivato la partita IVA dopo il 31.12.2018", che la partita iva risulti effettivamente attiva dal 1 gennaio 2019;

  • attraverso le informazioni desumibili dalle dichiarazioni dei redditi eventualmente presentate, la corrispondenza dei ricavi conseguiti nel 2019 coerente con quanto dichiarato nell'istanza e determinante per la percentuale del contributo spettante.

Ulteriori controlli di coerenza saranno inoltre effettuati con riferimento alle dichiarazioni IVA presentate.

 

Sanzioni

Quanto al regime sanzionatorio, valgono le misure già stabilite con il contributo a fondo perduto previsto dal DL Rilancio (DL34/2020) ovvero, qualora dalla successiva attività di controllo il contributo risulti sia in tutto o in parte non spettante, l'Agenzia delle Entrate provvede a recuperare il contributo non spettante applicando le sanzioni previste dall'articolo 13, comma 5 del D.Lgs. 471/1997 (sanzione dal cento al duecento per cento del contributo non spettante ed è preclusa la possibilità di definizione agevolata) nonché gli interessi moratori.

Risulta inoltre applicabile l'articolo 316-ter del codice penale che prevede la reclusione da sei mesi a tre anni o, qualora la somma indebitamente percepita sia pari o inferiore a euro 3.999,96 una sanzione amministrativa da euro 5.164 a euro 25.822 e comunque non superiore al triplo del beneficio conseguito.

 

Una critica al Decreto Sostegni. Che le somme a disposizione fossero insufficienti era scontato. Per questo forse sarebbe stato più sensato (oltre che più giusto) destinare il contributo alle attività maggiormente colpite dalla crisi pandemica da coronavirus (o almeno la maggioranza di esso). E ciò considerando il fatto che oggi, rispetto al primo contributo a fondo perduto attuato dal governo ad inizio pandemia, era ben possibile valutare l'impatto economico del COVID-19 sulle attività produttive destinando aiuti mirati alle attività che più hanno subito le chiusure imposte dal Governo (basti pensare a tutte le attività turistiche, della ristorazione e delle attività di palestre e piscine ancora quasi del tutto sospese). Lascia ancora più perplessi il fatto che un'attività aperta dal 2019 e senza alcuna discrimina sul tipo di attività avviata (potrei ad esempio aver avviato nel 2020 – in piena pandemia – un'attività di rivendita di mascherine chirurgiche) può comunque richiedere il contributo minimo previsto dalla norma.

 

Si entra nel paradossale se si considera, ad esempio, una società esercente una piccola attività di ristorazione di quartiere che, nel corso del 2020, ha perso a seguito della pandemia un fatturato di 62.000 euro, potrà beneficiare di un contributo quasi uguale all'importo minimo previsto per chi ha aperto una società a gennaio 2021. Ancora più assurda la mancanza, nel decreto, della proroga del credito d'imposta per le locazioni commerciali, misura che ha permesso a molte attività, potendo usufruire della possibilità di cessione del credito d'imposta, di tener fede agli impegni presi con il locatore dell'immobile utilizzato per lo svolgimento dell'attività.

 

La speranza è che il Governo, nei prossimi provvedimenti (e si spera anche molto velocemente) si concentri maggiormente alle attività che maggiormente hanno (e continuano ad avere) bisogno di sostegno e corregga il tiro delle misure finora attuate, poiché, per molti, ancora insufficienti.

COPYRIGHT THEITALIANTIMES.IT © RIPRODUZIONE RISERVATA