La crisi del Carroccio

Lega, Matteo Salvini sarà affiancato da una segreteria politica

Il capo del Carroccio cambia strategia e apre a un’organizzazione “vecchia maniera”. Ma i problemi maggiori in questo momento restano con gli alleati

Lega, Matteo Salvini sarà affiancato da una segreteria politica

Sarà affiancato da una segreteria politica nella guida della Lega, l’era dell’uomo solo al comando è finita. Salvini fa i conti con una ‘sconfitta’ politica più che numerica alle regionali. E con la resa dei conti che si sta consumando non solo all’interno del Carroccio ma nell’intera coalizione di centrodestra.


Matteo terrà a bada i suoi con un ‘allargamento’ nella gestione del partito, il segretario federale comincerà a delegare. Entrano nella segreteria nuova di zecca Giancarlo Giorgetti, Giulia Bongiorno, Alberto Bagnai e altri volti noti, ciascuno a capo di un dipartimento. Una gestione più collegiale del partito, che dovrebbe servire a riorientare la bussola dopo un anno in cui di scivoloni ce ne sono stati. E che si è concluso con un voto che non è andato secondo i proclami. Da un po’ la buona stella del ‘capo’ si è offuscata.

 

Dopo l’uscita dalla maggioranza giallo-verde, la caduta del Conte I, e la nascita a settembre del 2019 del Conte II retto dall’alleanza dei Cinquestelle con il Pd, l’ascesa dell’inarrestabile Salvini ha iniziato ad accusare qualche colpo. Fino all’epilogo di domenica scorsa. Il segretario aveva seminato per darla davvero la ‘spallata’ al Governo, si è ritrovato invece un risultato elettorale che ha premiato il centrosinistra e che nel centrodestra ha penalizzato la Lega. “Se fossimo cresciuti tutti”, accusa Giorgia Meloni, “i risultati sarebbero stati diversi”.

 

I problemi interni

Sono sette anni che Salvini è segretario della Lega. L’uomo che ha imposto la “svolta nazionale” a un partito “non più solo del Nord”, sbaragliando resistenze e avversari interni (vedi Flavio Tosi), oggi ha di fronte a sé un Sud difficile da conquistare e il ‘doge’ Luca Zaia. Unico e assoluto vincitore in casa Lega di questa tornata elettorale, il tre volte governatore del Veneto continua a ripetere di non avere ambizioni nazionali. Ma al di fuori di lui non c’è nessuno che possa contendere in futuro la leadership a Salvini.

 

La sua lista alle regionali ha superato di un milione di voti quella di partito, un successo straordinario. Zaia è il volto pragmatico della Lega, che si contrappone a quello ideologico di Matteo. Due approcci diversi, due caratteri differenti. Perché il presidente del Veneto è l’uomo che amministra, che rappresenta una Lega di governo, che non urla ma che è affidabile. E che, quando necessario, sa mantenere le distanze dagli eccessi del segretario.

 

Scricchiola la leadership del centrodestra

I problemi maggiori in questo momento Salvini li ha con i suoi alleati. L’appena riconfermato governatore della Liguria Giovanni Toti, leader di ‘Cambiamo’, prima lo ha accusato di “non avere la capacità di gestire la coalizione”, poi ha lanciato l’idea di “una costituente del nuovo centrodestra, che raccolga nuove forze”. Se vuole essere il leader, ha detto, Matteo “si tolga la maglietta della Lega, come fece Berlusconi, e cambi schema di gioco”. Con Toti si schiera il suo ex partito Forza Italia. Alle prese con percentuali di voti ai minimi storici, anche gli azzurri puntano il dito contro il capo del Carroccio. Brunetta ci va giù duro: “Non è il leader del centrodestra”.

 

E quando Salvini passa al contrattacco e accusa gli alleati di “scelte sbagliate” al Sud perché “l’errore è stato proporre un ritorno al passato” - riferendosi agli sconfitti Fitto (FdI) e Caldoro (FI)- la Meloni attacca: “noi abbiamo fatto la nostra parte”. Dunque, volano gli stracci nel centrodestra uscito dalle regionali. E con l’area centrista che si riorganizza e Fratelli d’Italia che continua a crescere Matteo Salvini ha poco da stare tranquillo.

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