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Gli aiuti agli Stati

Recovery Plan, l’Unione Europea è pronta a renderlo permanente?

Le paure sul ‘debito comune’ frenano l’ipotesi di uno strumento stabile. Ma è ora che Bruxelles pensi a riscrivere molte sue regole economiche e finanziarie

Recovery Plan, l’Unione Europea è pronta a renderlo permanente?

Sono 8 gli Stati Membri che mancano all’appello sulla ratifica dei Piani si ripresa. Un passaggio che l’Europa attende per dare l’ok all’emissione dei titoli di debito comuni, e far partire la massiccia operazione che consentirà di finanziare il Next Generation Eu. La Commissione è pronta a dare le valutazioni sui Piani arrivati entro il 30 aprile già a metà giugno. Questo significa che, se a stretto giro, arriverà anche il via libera dell’Ecofin – il Consiglio composto dai ministri delle Finanze dei 27 – il governo di Bruxelles sarà in grado di rispettare i tempi e cominciare a finanziare i Paesi già a luglio.

 

Ma la novità più importante che si registra nelle ultime ore è soprattutto un’altra: la possibilità che il NGEU possa diventare col tempo una strumento stabile dell’Ue. Per Valdis Dombrovskis, vicepresidente della Commissione guidata da Ursula Von der Leyen: “è prematuro aprire un dibattito sull’opportunità di rendere permanente il Recovery, sappiamo che la struttura è temporanea, ma più successo avremo nella sua implementazione, più spazio ci sarà per una discussione su uno strumento permanente di natura simile”. Facile a dirsi ma non a farsi, perché la materia è di quelle che spaccano in due il fronte politico europeo.

La dichiarazione di Dombrovskis ha senz’altro il merito di tenere vivo il dibattito interno all’Ue sull’opportunità di un Piano non più straordinario, ma duraturo. Tutti sanno, però, che il nodo non è tanto la disponibilità in sé di un fondo strutturato, quanto piuttosto le modalità con cui le risorse vanno reperite per poi dirottarle sui singoli Paesi. Si chiama ‘debito comune’ e sono gli Stati cosiddetti ‘frugali’ - con l’Olanda in prima linea – a escluderlo dall’agenda futura. L’estenuante battaglia di un anno fa fu vinta dai Paesi mediterranei fiancheggiati dalla Germania solo ad una condizione: gli eurobond sarebbero stati utilizzati eccezionalmente per affrontare la crisi pandemica.


L’Ue è a un bivio. E’ vero, molto dipenderà dall’effettiva riuscita del Next Generation Eu, a sua volta legato - come ha sottolineato il commissario all’Economia, l’italiano Paolo Gentiloni – al rispetto dei tempi di attuazione.  La “sfida maggiore”, ha detto, in questo momento è “capire se quello che è scritto” nei singoli Piani di ripresa si realizzerà davvero e nel cronoprogramma previsto”. Ma sta di fatto che in Europa persiste la necessità di una discussione serrata su riforme sempre più impellenti su bilancio e debito comune, a cui la pandemia sta imponendo un’accelerazione.

Argomenti che sarebbe bene non considerare un tabù, e affrontare in vista di una prospettiva futura di stabilità finanziaria, a garanzia dei Paesi maggiormente indebitati. Vedremo. Per ora l’obiettivo è utilizzare bene i fondi del Recovery Plan – siano essi prestiti o finanziamenti a fondo perduto - e attendere la scadenza della sospensione del Patto di Stabilità. Allora si riaccenderà il dibattito sulla revisione dei criteri alla base dell’accordo. Potrebbe trattarsi di un input per riscrivere molte regole in campo economico e finanziario.  Quello che però è auspicabile subito per le istituzioni di Bruxelles è un maggiore dinamismo, unito a una certa dose di coraggio, senza attendere che siano le emergenze a disegnare il volto dell’Unione Europea dei prossimi anni

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