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Se un mese nasce estate e finisce autunno

Impressioni di settembre, tra la Croce di Gesù, Padre Pio e i talebani

Il crepuscolo cristiano settembrino come luce adatta alla riflessione sui punti essenziali della vita. I cantautori come Guccini, Tommaso d’Aquino e Cerere

Impressioni di settembre, tra la Croce di Gesù, Padre Pio e i talebani

Il titolo è la citazione di un brano della Premiata forneria Marconi di quasi cinquant’anni fa. Settembre, del resto ha una strutturale inclinazione a ispirare gli artisti. Nella nostra cultura luglio e agosto sono i mesi dell’esposizione di massa, dell’obbligato recarsi su una spiaggia o su qualche cocuzzolo assolato. Il trionfo dei corpi esposti toglie forse spazio alla riflessione più pacata. Settembre arriva con l’ambivalenza intrigante del mutamento gentile: si presenta come mese estivo e si congeda come autunno. Il sole si placa piano piano e lentamente le foglie iniziano a cadere. I colori ambrati compaiono, il respiro rallenta, il lavoro torna al suo ritmo ordinario, si fanno progetti di cambiamento. «Settembre è il mese del ripensamento sugli anni e sull’età/ Dopo l'estate porta il dono usato della perplessità, della perplessità...», cantava Francesco Guccini ne La canzone dei dodici mesi. Le citazioni analoghe nella musica leggera italiana si moltiplicano: dal Settembre di Venditti a quello di Alberto Fortis.

 

La fede cattolica ha in questo mese una condensazione di celebrazioni ispirate da un unico tema: la croce di Gesù Cristo. Dalla Esaltazione della Croce (il 14) alla Vergine Addolorata (il 15), dalle Stimmate di San Francesco (17) a quelle di Padre Pio (il 20). Il santo del Gargano è poi celebrato il 23, giorno della sua festa, e appena dopo la scadenza legale di settembre, il ciclo si chiude con San Francesco d’Assisi, primo stigmatizzato nella storia della Chiesa, il 4 ottobre. Questa simbolica liturgica non è estranea al naturale mutamento, ai colori del crepuscolo, al ruggine che tende al rosso del sacrificio, al ripensamento che sopraggiunge quando il clamore è finito ed è tempo di pensare a una rinascita, seminando vita nei solchi della terra ferita. Alfonso Maria de’ Liguori, vescovo e santo, insigne intellettuale, scrisse nel 1758 Apparecchio alla morte, Vittorio Messori nel 1982 Scommessa sulla morte. In una civiltà che non ama parlare o solo considerare il tema dell’esito finale sono opere che invitano alla saggezza dell’opportuna meditazione. Considerare la morte un tabù, tacerla ideologicamente per far posto magari all’ultima sciatta pubblicità, rappresenta un segno profondo della superficialità diffusa e della fragilità emotiva delle masse. Francesco d’Assisi, poeta forte nella sua nuda povertà, la chiamava Sorella morte, senza timore.

 

La storia poi, talvolta crudelmente, opera connessioni impensabili. L’undici di settembre 2001 furono 2996 i poveri cittadini crocifissi dal demoniaco attacco alle torri gemelle, e la terra si chiuse su tante vittime innocenti, come su semi di una speranza nuova. Vent’anni dopo i talebani hanno ripreso Kabul e il settembre 2021 rappresenta il mese della normalizzazione arcaica, antidemocratica e anti donna. La mitologia greco – romana presentava il mito di Demetra e Proserpina, che in Roma si coniuga come il mito di Cerere e Libera, adorate assieme a Libero, marito di Cerere, sul Colle Aventino.

 

La madre Cerere si presenta a Giove per reclamare la sua figlia Libera, rapita da Plutone, dio degli inferi. Poiché il ratto si è già compiuto con l’unione sessuale, il padre degli dei assegna a Plutone la sua compagna per sei mesi l’anno, l’autunno e l’inverno; gli altri sei mesi Libera potrà stare con la madre. Da qui la spiegazione delle stagioni: Cerere (da cui «cereali», cibo), dea della terra e del nutrimento, si chiude nel silenzio goccioloso e freddo delle stagioni morte nell’attesa della figlia; si apre, al contrario, alla bellezza fiorita e carica di frutti della primavera e dell’estate quando può riabbracciarla.

 

Il settembre della liturgia cristiana non è alieno da queste antiche eziologie pagane: Gratia non tollit sed perficit naturam, (la Grazia non elimina ma perfeziona la natura) afferma il Dottore angelico, Tommaso d’Aquino. Senza disturbare la sensibilità di tanti che preferiscono il ritmo forsennato della pubblicità del Mac Donalds o della perpetua Amazon quattro stagioni, proponiamo il crepuscolo cristiano settembrino come luce adatta alla riflessione sui punti essenziali della vita. I cicli della terra sono regolari, se non interviene l’uomo a deformarli, e forniscono prezioso spunto per una filosofia sapida, concreta, evitando all’uomo di perdersi nelle sue pretestuose creazioni idealiste. I cicli della storia sono più capricciosi e contraddittori. Anche in essi, tuttavia, va cercato il senso, per imparare dagli errori fatti a non ripeterli. Ma tutto questo esige ritmo lento, calma, riflessione. Dal silenzio profondo nasce il canto della vita, e dalla luce cadente del crepuscolo la fiamma di brace di una nuova speranza di pace per il mondo, che fiorisca col primo sole di primavera.

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