Il voto del Parlamento Europeo

Lo stop dal 2035 alle auto diesel e benzina. Cosa aspettarsi adesso

Gli ambientalisti: primo passo verso il green deal. Ma le aziende: 70mila posti a rischio. I sindacati: governare la transizione per non perdere occupazione

Lo stop dal 2035 alle auto diesel e benzina. Cosa aspettarsi adesso

Le nuove auto diesel e benzina non potranno più essere vendute in Ue dal 2035. Il Parlamento europeo con un seduta movimentata e che ha mostrato crepe di rilievo, persino nella maggioranza che sostiene la Commissione di Ursula Von der Leyen (Popolari, liberali e socialisti), ha dato il disco rosso alla vendita di mezzi inquinanti, ma con una deroga per la Motor Valley Italiana dell’Emilia Romagna, ovvero per i piccoli produttori di lusso come Ferrari e Lamborghini. Il Fit for 55, il pacchetto dell’Ue proposto nel luglio del 2021 dalla Commissione per ridurre del 55% le emissioni di gas serra entro il 2030, ha però subito una battuta di arresto. A Strasburgo i parlamentari si sono spaccati sulla riforma del sistema di scambio di quote di emissione di CO2 (Ets). Le norme fanno, dunque, un passo indietro e tornano in commissione Ambiente per un riesame. Il dato di fatto è che maggioranza Ursula non ha tenuto e divisioni si sono registrate anche all’interno dei gruppi. Quella che si è formata è stata una maggioranza inedita che ha messo insieme popolari con sovranisti, conservatori e parte di liberali e socialisti. Crepe anche tra i parlamentari che fanno riferimento all’alleanza di unità nazionale che sostiene l’esecutivo Draghi. Uniti sulla deroga alle regole sugli standard di emissione dei produttori di nicchia, sugli altri emendamenti hanno votato in ordine sparso.

 

Ma ad aver rischiato non è stato solo il pacchetto che rappresenta il fulcro del ‘Green Deal’ voluto e sostenuto dalla Commissione europea per accelerare la svolta green, a rischiare è stato lo stesso esecutivo guidato dalla Von der Layen. Forze trasversali frenano sull’accelerazione della transizione verde, giudicata troppo veloce. Ma il nodo vero è quello della governance dell’intero processo e del superamento delle incognite che riguardano il futuro. Lo stop alle auto inquinanti è stato accolto con soddisfazione dalle associazioni ambientaliste. Legambiente parla di “ottima notizia e di un primo passo importante in nome del green new deal. Finalmente si va nella giusta direzione per accelerare la transizione ecologica anche nel comparto auto”, dice Stefani Ciafani, presidente nazionale. “La palla passa ora al Consiglio Europeo, per questo lanciamo un appello al Governo italiano affinché, all'interno del Consiglio, sostenga la posizione dell’Europarlamento. Abbiamo bisogno di città a zero emissioni che abbiano il coraggio di puntare davvero su una mobilità sostenibile, elettrica, intermodale, pubblica e condivisa”. 

 

Intanto l’Anfia, l’Associazione dei componentisti, cioè delle aziende che producono le parti dei motori a combustione interna, lancia l’allarme: “A rischio ci sono 70 mila posti di lavoro nell’industria automotive”. Il direttore Gianmarco Giorda spiega che “l’elettrico a oggi non è in grado di compensare la perdita di posti di lavoro, non basta costruire colonnine di ricarica o altri componenti. Servono piuttosto azioni per portare in Italia pezzi di filiera legati alla produzione di batterie per le auto elettriche”.  Gli industriali torinesi sono durissimi sulle nuove disposizioni: “Il voto del Parlamento Europeo ribadisce un’impostazione ideologica a favore dell’elettrico e pone in serio rischio la filiera dell’auto italiana e continentale”. I sindacati dal canto loro chiedono al governo l’apertura di un confronto per “governare una transizione epocale e non mettere a rischio oltre 75 mila posti di lavoro nel nostro Paese”.

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