Verso il voto

Liste chiuse o quasi, gli scontenti sono tanti e le sorprese poche

A rendere le elezioni del 25 settembre più movimentate, e diciamolo pure più interessanti, ci pensano i big match tra i leader, e non vanno in onda su Dazn

Liste chiuse o quasi, gli scontenti sono tanti e le sorprese poche

«Meritocrazia, capacità di lavoro, impegno, pagamento del contributo di partito e numero di legislature alle spalle». Queste le linee guida, confermate da Tajani, che sono state prese come punto di riferimento da Forza Italia per decidere le candidature alle prossime, e quasi imminenti, elezioni politiche del 25 settembre. «E’ sempre doloroso non poter accontentare tutti, ma stavolta è stato ancora più difficile, non solo per noi ma per tutti i partiti». Ha aggiunto il vice di Berlusconi.

 

Ma gli scontenti sono tanti in FI, come lo sono anche in tanti altri partiti, d’altronde il taglio dei parlamentari, le quote rosa e una legge elettorale, il Rosatellum, rimasta invariata anche dopo la riforma costituzionale, hanno ridotto considerevolmente i posti disponibili e la logica dei piazzamenti, e molte candidature, infatti, sono di persone fuori dai territorio, basti pensare al seggio-gate Casellati, spodestata dalla sua Veneto dalla rivale di sempre, Anna Maria Bernini, per essere candidata in Basilicata al posto di Giuseppe Moles, il quale ha rinunciato ad una candidatura come capolista perché non permetterebbe di ottenere un seggio.

Ed ecco quindi che la lista degli esclusi è lunga, molto lunga, a partire dagli esponenti di FI più vicini a Gianni Letta. Ci sono poi Simone Baldelli, Renata Polverini e Andrea Ruggeri, nipote di Bruno Vespa che hanno rifiutato una candidatura ritenuta impossibile. Ma niente panico perché come ha tenuto a puntualizzare Tajani: «Chi ci mette la faccia, anche se non riuscirà a essere rieletto, sarà tenuto nella massima considerazione per incarichi presenti in futuro. Gli altri no». 

 

Ma il partito di Berlusconi alla fine chiude le liste e piazza a sorpresa nel rush finale due candidature di spicco: Rita Dalla Chiesa in Puglia e Maurizio Casasco, presidente di Confapi, a Brescia e tutela i big a partire dalla compagna Fascina nel proporzionale in tutta la Campania alle spalle di Tajani che guida le circoscrizioni , ma le spetta anche un uninominale a Marsala. Nei collegi blindati ci sono anche la Ronzulli (Como), ovviamente Tajani (Velletri), la Bernini (in Basilicata) e il medico personale di Silvio B., Zangrillo.

 

Lega e FdI

Tutti i partiti confermano i propri big e vertici. Lo fa la Lega e Fratelli d’Italia, in una nota il partito della Meloni rivendica la scelta di puntare su uscenti, ma anche «sindaci, amministratori, rappresentanti delle libere professioni, categorie produttive, mondo della cultura, dello sport, del turismo, associazionismo, volontariato», come anche «esponenti del mondo conservatore».

La Meloni si candida nell’uninominale all’Aquila e in cinque circoscrizioni alla Camera, e conferma ovviamente Ignazio La Russa, Francesco Lollobrigida a Raffaele Fitto, e i noti di spicco già noti come Marcello Pera, Carlo Nordio, Giulio Tremonti che ha confermato la sua discesa in campo proprio ieri, Maurizio Leo, il prefetto Giuseppe Pecoraro, Antonio Guidi, Giulio Terzi di Sant’Agata, Eugenia Roccella (animatrice del Family Day) e poi le ex sciatrici Lara Magoni e Barbara Merlin.  

 

Il Terzo polo

Liste chiuse anche per Calenda e Renzi e la loro Italia sul Serio. Entrambi i leader si candidano al Senato, ciascuno guida 4 circoscrizioni, insieme alle ex ministre Teresa Bellanova (Puglia, Sicilia) e Maria Elena Boschi (Lazio e Calabria), come le attuali, Elena Bonetti (in Sardegna e Veneto), Mariastella Gelmini (Lombardia e Toscana) e Mara Carfagna (Puglia e Campania). In lista anche altri ex azzurri come Barbara Masini (in Piemonte al Senato) e Andrea Cangini in Emilia-Romagna.

Infine registriamo la polemica scoppiata tra Calenda e Gabriele Albertini, che non sarà candidato: «Gli ho scritto, ma non mi ha neanche risposto», ha protestato l’ex sindaco di Milano ma il leader di Azione che non si sottrae mai al confronto, specie se social, ha risposto: "Non vedo Albertini dall'epoca di Scelta Civica, direi quasi dieci anni. Una settimana fa ha chiesto una doppia candidatura a Milano con un messaggio. Non essendo mai stato iscritto ad Azione, mi è sembrata una proposta quantomeno stravagante". 

 

In casa Pd

Solo pochi giorni fa, la presentazione piena di entusiasmo fatta dal segretario dem Enrico Letta ai quattro giovani under 35 di talento capolisti del Partito Democratico: Rachele Scarpa, Cristina Cerroni, Raffaele La Regina e Marco Sarracino. Poi in un batter di ciglia tutto è andato storto e, ad uno ad uno, le candidature delle quattro promesse si stanno sciogliendo come neve al sole. E dopo i casi di La Regina e Scarpa - entrambi accusati per delle vecchie posizioni su Israele - anche Marco Sarracino, capolista a Napoli, è stato criticato da Giorgia Meloni, per un post pubblicato il 7 novembre 2019 in cui ricordava la ricorrenza della rivoluzione russa di Lenin, scrivendo: «Buon anniversario della rivoluzione».

Ovviamente la Meloni è partita all'attacco scrivendo su Facebook: «Dopo i giovani candidati del Pd che negano il diritto all’esistenza e alla sicurezza di Israele arriva anche chi inneggia all’Unione Sovietica». E così, Sarracino si è affrettato a chiudere i suoi profili social. 

Se però da una parte sono criticabili i post scritti in gioventù dagli astri nascenti del Pd, dall’altra bisogna anche valutare e ricordare una Meloni fresca diciannovenne che in un video del 1996 definiva Benito Mussolini «un buon politico». Allora perché La Regina è stato messo alla gogna e la Meloni è ancora in corsa e punta dritto a Palazzo Chigi? Tra la gente comune, che sono poi gli elettori, sono in tanti, infatti, a sottolineare come tutte queste vicende siano state valutate con due pesi e due misure. 

 

Gli scontri diretti

A rendere le elezioni politiche del 25 settembre ancora più movimentate, e diciamolo pure più interessanti, ci sono gli scontri diretti nei seggi tra i vari leader e big di partito.

A Roma va in scena il big match più entusiasmante, quello tra FdI e Pd, che schierano in campo il capolista alla Camera Giorgia Meloni e Nicola Zingaretti, e visti i problemi di connessione, meno male che a trasmetterlo non sarà Dazn.

Poi c’è lo scontro diretto tra Pierferdinando Casini e Vittorio Sgarbi e a Milano si contendono la finale al Senato Mister Spending Rewiew Carlo Cottarelli per la coalizione di centrosinistra e l’ex ministro del governo Berlusconi, Giulio Tremonti per il centrodestra.

 

Enrico Letta, Matteo Salvini, Giuseppe Conte, si scontrano alla Camera, Matteo Renzi e Silvio Berlusconi (candidato anche al collegio uninominale di Monza) al Senato. Sotto Renzi nella lista del terzo polo, c'è Mariastella Gelmini, ex Forza Italia confluita in Azione dopo la caduta del governo Draghi.

 

A Roma c’è un altro scontro diretto molto interessante quello tra ex alleati: Carlo Calenda ed Emma Bonino.

A Napoli e in Campania si presentano diversi leader: da Conte (proporzionale Camera) a Roberto Speranza (proporzionale Camera), da Luigi Di Maio (collegio Napoli centro) a Dario Franceschini (proporzionale Senato) fino a Mara Carfagna (proporzionale Camera), ex Forza Italia ora in Azione.

 

In Basilicata, dopo la vicenda del seggio-gate, c’è Elisabetta Casellati contro Ignazio Petrone, di Articolo 1. 

A sorpresa si sfideranno anche due ex presidenti di Regione: Vito De Filippo del Pd, capolista al Senato e Marcello Pittella che guiderà la lista di Azione, dopo aver lasciato i dem per la mancata candidatura.

 

In Calabria, invece, Maria Elena Boschi contro Nico Stumpo, ex pd e poi fondatore di Articolo 1.

Sfida in famiglia, infine, quella tra Stefania Craxi candidata con il centrodestra a Gela per il Senato e Bobo Craxi, candidato con il centrosinistra a Palermo però per la Camera.

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