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Il fronte del sì al Referendum

Referendum 2020, Lupo: “Riduzione parlamentari? Riforma valida”

Il costituzionalista e docente Luiss: “Condivido il taglio ma non la motivazione”. E sui regolamenti parlamentari: “Vanno cambiati anche se vince il No”

Referendum 2020, Lupo: “Riduzione parlamentari? Riforma valida”

“La riduzione dei parlamentari è una misura valida che personalmente condivido e non da oggi”. Nicola Lupo, costituzionalista, ordinario di diritto delle Assemblee elettive alla Luiss Guido Carli di Roma, dove insegna anche Public Law, voterà Sì al referendum del prossimo 20 settembre. Anche se non è d’accordo con la “motivazione” alla base della riforma, e cioè “la riduzione dei costi della politica e la lotta alla casta” che, anzi, giudica “pericolosa”. Perché, dice, “dobbiamo migliorare il livello della politica, non demonizzarla”.


Professor Lupo, perché tagliare i parlamentari farebbe bene al Paese?

 

Nicola Lupo: “Innanzitutto, da costituzionalista e da cittadino credo sia corretto stare al merito della riforma: ci chiede se siamo favorevoli o contrari a ridurre il numero di deputati e senatori elettivi e portarlo rispettivamente a 400 e 200 unità. Credo sia una misura corretta che potrebbe anche migliorare l’efficienza del Parlamento. E che, peraltro, nel merito è stata condivisa pressoché da tutte le forze politiche in occasione dell’approvazione del testo. Non solo. Anche in passato tutti progetti di revisione costituzionale che intervenivano sul Parlamento andavano nella direzione di una riduzione dei parlamentari. Sia in questa proporzione, o leggermente inferiore, o anche nell’arco di una complessiva ristrutturazione del sistema bicamerale. Ma sempre si andava verso la diminuzione dei parlamentari”.


Il quesito referendario è semplice ma non banale. E porta con sé il problema della mancata revisione dei regolamenti parlamentari. Lei è un esperto in materia, cosa può dirci?


Nicola Lupo: “La revisione costituzionale in questo caso è puntuale, l’intervento è molto specifico. Si interviene esclusivamente sul numero dei parlamentari elettivi e sull’interpretazione della norma relativa alla nomina da parte del presidente della Repubblica dei senatori a vita. Rispetto a riforme che andavano ad incidere in maniera organica, o comunque plurima, sul testo costituzionale - vale a dire con una molteplicità di interventi dichiaratamente collegati tra di loro - stavolta si è andati verso una modifica precisa, volta a ridurre solo il numero dei parlamentari. Di qui il dibattito sull’attuazione o l’integrazione di questa riforma con ulteriori misure. Come, ad esempio, la modifica dei regolamenti di Montecitorio e Palazzo Madama. Che mi lasci dire, va fatta comunque. Non è che se vince il No i regolamenti vanno lasciati così come sono. Anche se dovesse prevalere il No l’esigenza di assicurare una migliore funzionalità delle Camere anche a composizione inalterata esiste ugualmente”.


Tra i correttivi necessari si parla molto della platea chiamata ad eleggere il presidente della Repubblica. Nel senso che riducendo i parlamentari si vanno a modificare gli equilibri numerici che la Costituzione ha previsto per votazioni di rilievo come quella con cui si elegge il presidente della Repubblica.


Nicola Lupo: “Va detto che c’è un’altra un’iniziativa di revisione costituzionale il cui esame è in corso alla Camera. Che da una parte elimina l’elezione a base regionale del Senato – forse l’ultima differenza quanto a legittimazione tra Camera e Senato – e dall’altra porta da tre a due il numero dei rappresentanti di ogni Regione chiamati a contribuire all’elezione del capo dello Stato. Personalmente non condivido quest’ultimo intervento perché creerebbe più problemi di quanti non ne risolva. Attualmente i tre consiglieri regionali sono due della maggioranza e uno dell’opposizione. Se a ciascuna Regione diamo due rappresentanti, questo vuol dire che saranno tutti e due di maggioranza, oppure uno della maggioranza e uno dell’opposizione. In entrambi i casi, andremmo ad avere effetti negativi in termini di rappresentatività delle Regioni e anche di integrazione del collegio che elegge il presidente della Repubblica. Meglio che la componente regionale rimanga così com’è, non ci vedo nulla di male”.


Perché tra i correttivi lei parla anche dell’equiparazione dell’elettorato attivo e passivo del Senato a quello della Camera?


Nicola Lupo: “C’è una legge di revisione costituzionale che al momento è in discussione in Parlamento. E’ stata già approvata dalla Camera e porta da 25 a 18 anni la soglia per votare anche al Senato. L’equiparazione è importante per due ragioni. Perché toglie una delle ultime e residue differenze tra Camera e Senato e avvia un cammino di assimilazione dei poteri dei due rami del Parlamento. E, soprattutto, perché nel momento in cui Camera e Senato hanno gli stessi poteri dare il diritto di voto solo a chi ha compiuto 25 anni per il Senato significa dare a questa categoria di cittadini mezzo voto. Attualmente abbiamo una distribuzione del diritto di voto che penalizza i cittadini più giovani.”


C’è il tempo per approvare i ‘contrappesi’ necessari per non creare squilibri al sistema?


Nicola Lupo: “Per quanto riguarda i regolamenti parlamentari sicuramente sì. Se lo si vuole fare, ovviamente. Ponendo che la legislatura vada a scadenza naturale, abbiamo più di due anni, il tempo è più che abbondante per predisporne la revisione. Tra l’altro già alla Camera e al Senato, quando non si pensava che questa riforma sarebbe stata assoggettata a referendum, erano stati avviati i lavori in questa direzione. Adesso si dovrà vedere come farle queste riforme”.


Quanto è importante in questo momento, e in vista del referendum, l’approvazione della nuova legge elettorale?


Nicola Lupo: “E’ un tema cruciale. In Italia negli ultimi trent’anni abbiamo avuto tante modifiche del sistema di voto, decisamente troppe. Anche perché una legge elettorale per produrre i suoi effetti ha bisogno di consolidarsi. E’ pessimo questo costume. Peraltro, sono state approvate anche alcune leggi elettorali dichiarate in contrasto con la Carta, seppure dopo essere state applicate più volte, con problemi di non poco conto. Il tema è fondamentale anche nella logica di assicurare la rappresentatività e di avere una classe politico-parlamentare di alto livello, o quanto meno di livello più elevato rispetto a quella attuale. Tali aspetti sono più collegati alla legge elettorale di quanto non siano alla revisione costituzionale su cui siamo chiamati a votare tra pochi giorni”.


Ormai è quasi prassi che sulle riforme costituzionali, quelle che chiamano in causa le istituzioni, il voto abbia una valenza politica, sia un voto di pancia. E la responsabilità è anche dei partiti.


Nicola Lupo: “Concordo con la sua analisi. Ma trovo che questo sia un effetto legato al referendum. Perché il referendum ci pone un’alternativa drastica: Sì oppure No. Secondo l’art.138 se le modifiche della Costituzione hanno un ampio consenso - seconda deliberazione di Camera e Senato con maggioranza di due terzi dei componenti - vengono approvate ed entrano in vigore senza bisogno di referendum costituzionale. E questa secondo me è la via migliore per fare le riforme, sia quelle macro che quelle micro. Questa riforma ha mancato di poco la maggioranza richiesta - precisamente nella seconda deliberazione in Senato - quindi è stato possibile chiedere il referendum. E quando si dice Sì oppure No è chiaro che si può dire di testa, di cuore o di pancia, come diceva lei. Per questo credo che sia molto corretto restare al merito della domanda posta, che non è plurima, ma è iper-puntuale. E a quella domanda bisogna rispondere”.

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