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Antonella Polimeni, una Magnifica Rettrice alla Sapienza dopo 7 secoli

L’università romana, la più grande d’Europa, nomina per la prima volta una donna. Nel 1894 la prima laurea femminile alla Sapienza: Teresa Labriola

Antonella Polimeni, una Magnifica Rettrice alla Sapienza dopo 7 secoli

Se pensate che alla prima laureata del mondo, Elena Lucrezia Corner Piscopia, in Italia sono state dedicate le prime aule universitarie nel 2017, quasi 340 anni dopo la data di discussione della sua tesi nel Duomo di Padova (i curiosi e gli scettici erano così numerosi che non bastò l’Aula Magna), capirete per quale motivo l’elezione nel 2020 di Antonella Polimeni a Magnifico Rettore dell’Università di Roma La Sapienza sia una data fondamentale. Vittoriosa al primo turno con il sessanta per cento dei voti: una magnifica notizia.

 

Polimeni, che non ha ancora specificato se si farà chiamare rettrice (speriamo di sì) non è la prima donna alla guida di un ateneo nazionale. Fino a due mesi fa, Aurelia Sole guidava per esempio l’Università della Basilicata. Polimeni, 58 anni appena compiuti, preside della Facoltà di Medicina e odontoiatria, signora di modi eleganti, è però la prima a sedere su uno scranno che data 1303, uno dei più antichi del mondo, e che governa la più grande università d’Europa: la Sapienza accorpa infatti undici facoltà, e accoglie 120 mila studenti di cui ottomila stranieri, oltre a quasi cinquemila fra professori e ricercatori. Ci sono voluti più di settecento anni perché questo accadesse. Un tempo lunghissimo, scandito dalle storie eccezionali delle poche a cui, per secoli, venne consentito l’accesso agli studi universitari: dopo la povera Corner, di cui il padre sfruttava abilmente il talento per rilanciare le sorti della famiglia e che si spense prematuramente, ci fu Cristina Roccati a Bologna, nel 1751, di cui ci sono giunte cinquantuno lezioni di fisica e l’evidenza delle sue capacità divulgative, e altri rarissimi casi fino a tutto l’Ottocento. 

 

La prima laureata in giurisprudenza della Sapienza fu Teresa Labriola, nel 1894: nello stesso anno le venne concessa la libera docenza in filosofia del diritto (tra i suoi scritti “Studio sui problemi del voto alle donne” e “Del Feminismo come visione della vita”). Fu la prima donna avvocato italiana. Eppure, non ne troverete traccia sulla pagina “storia” del sito dell’ateneo (trovate però suo padre, Antonio Labriola, il filosofo che diffuse il marxismo in Italia). Come diceva ieri sera, commentando la nomina, una delle più insigni storiche dell’Europa, Giovanna Motta, “anche solo vent’anni fa, la nomina di Antonella Polimeni sarebbe stata impensabile”. 

 

Ha vinto, appunto, con largo vantaggio, e con un consenso crescente di settimana in settimana, forte anche di una conoscenza approfonditissima dei gangli amministrativi dell’ateneo, che conosce fin dagli anni di studio, essendo stata rappresentante degli studenti. Ha dunque percorso e salito, letteralmente, tutti i gradini della carriera. Nel suo programma elettorale, molto corposo, ha spiegato come  Sapienza, con i suoi sette secoli anni di storia “viva”, “crescerà ulteriormente se saprà percepire la ricchezza del suo pluralismo e, se posso dire, della sua biodiversità, grazie alla forza della sua unità nel rispetto delle specificità e delle autonomie”. E’ un segnale di apertura importante a un pluralismo di saperi e a una trasversalità di conoscenze che va via via rafforzandosi con l’ingresso di studenti stranieri sempre più numerosi e che, par di capire, verrà ulteriormente rafforzata. 

 

Dice la vulgata che Polimeni subisse una fronda significativa nella sua stessa facoltà. Possibile. Di certo aveva invece avversari non particolarmente forti; alcuni molto esposti su fronti politico-economici stranieri non particolarmente vincenti al momento. “Mi presento alle elettrici e agli elettori con una esperienza venticinquennale maturata nella nostra Istituzione e negli Organi di Ateneo”, ha scritto, “animata dall'entusiasmo e dalla forte determinazione a imprimere alla nostra grande università un ulteriore salto qualitativo a tutti i livelli. Una riforma strutturale a medio termine - così la definirei - che si dimostri all'altezza della nostra indiscussa eccellenza”. Negli ultimi anni, grazie a uno sforzo importante impresso dal Magnifico Rettore uscente, Eugenio Gaudio, alla ricerca e alle pubblicazioni che sono state estese perfino ai docenti esterni, all’aumento degli iscritti e dei corsi, la Sapienza ha scalato tutte le classifiche internazionali, portando gli studi di humanities e in particolare di storia e storia antica al secondo posto nel mondo, ma con ottimi risultati anche nelle scienze naturali e nella medicina. 

 

E proprio su questo punto, nell’anno del Covid e ora, di un secondo lockdown che sta portando a una progressiva disaffezione dei cittadini nei confronti dei medici (e a un crescente sospetto nei confronti della scienza) Polimeni ha scritto di voler “ricomporre la frattura fra scienza e società, vincendo le attuali, gravi diffidenze verso la ricerca”. Ha già dalla sua, per iniziare, le donne di questo paese, anche in vista del prossimo G20, che questa volta sarà a guida italiana e dovrà parlare, inevitabilmente, della crisi e della perdita di lavoro che questa pandemia porterà in misura maggiore alle donne. Il World Economic Forum ha calcolato che se vi fosse maggiore uguaglianza di genere, il pil aumenterebbe di quasi 6 miliardi di dollari. Per il momento, la sfida sarà quella di non far precipitare le donne nel buco nero del lockdown e della cura casalinga e al contempo dar coraggio a chi studia, a chi troverà sempre maggiori difficoltà a trovare un lavoro. 

 

Per questo, la nomina di Polimeni è un faro potentissimo. L’Italia ha bisogno di role model, di modelli di ruolo. E comunque, dopo Bari e Cassino, un’aula a Teresa Labriola si potrebbe intitolare anche in Sapienza, via.

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