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Il caso AstraZeneca

AstraZeneca, Bassetti sui rischi: «Più facile che cada un asteroide»

L’infettivologo esorta: «Guardiamo il bicchiere mezzo pieno, concentriamoci sugli over 60 per ridurre la mortalità. Per chi ha dubbi, può bastare una dose»

AstraZeneca, Bassetti sui rischi: «Più facile che cada un asteroide»

«Ci voleva tutto tranne quello che è successo. La credibilità e la fiducia nei confronti del vaccino AstraZeneca è sicuramente compromessa». E’ il primo commento dell’infettivologo Matteo Bassetti, all’indomani del nuovo pronunciamento da parte delle agenzie regolatorie del farmaco europea e italiana sui rischi di trombosi legati al siero anglo-svedese. Il Direttore della Clinica di malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, però, continua a ribadire la convinzione che si tratti di «un ottimo vaccino» ed esorta a proseguire con le somministrazioni: «Guardiamo il bicchiere mezzo pieno: abbiamo molte dosi che possiamo destinare agli over 60 e dunque a quella fascia d’età, fino agli 80 anni, che rappresenta comunque quella più fragile, alla quale già prima destinavamo il vaccino antinfluenzale: proseguiamo con la campagna vaccinale, perché siamo ancora in emergenza e abbiamo ancora troppe vittime».

 

Prof. Bassetti, la decisione del ministero della Salute di destinare le fiale agli over 60, dopo aver inizialmente riservato il vaccino AstraZeneca ai più giovani, come insegnanti e forze dell’ordine, non rischia di creare ulteriore confusione?

Matteo Bassetti: «Purtroppo sì e lo stiamo vedendo. Ora la gente si presenta e dice di non volere AstraZeneca: come dargli torto? Quello che è successo è frutto di una serie di decisioni contradditorie da parte degli enti regolatori e dei governi: prima lo si è dichiarato efficace fino ai 55 anni, poi si è estesa la somministrazione agli over 65, ora si raccomanda agli over 60. A ciò si aggiunga che, di fronte alle reazioni avverse, seppure sporadiche e limitate, l’Ema ha lasciato ai singoli Stati la decisione su eventuali limitazioni e i Paesi europei non hanno saputo trovare una linea comune».

 

Tralasciando i problemi di comunicazione, a destare dubbi è il rischio di possibili effetti avversi. Cosa si sente di dire a chi ha paura?

Matteo Bassetti: «Io continuo a ritenerlo un ottimo vaccino con rischi molto minori rispetto ai benefici. Lo confermano i dati del Regno Unito, dove si sono ridotti in modo drastico i decessi e i ricoveri ospedalieri, con casi di reazioni avverse davvero limitati. Non solo l’unico a ripeterlo, ma capisco anche chi, di fronte a un’alternativa, preferisce un altro vaccino».

 

L’Ema ha parlato di “probabile nesso” con trombosi rare: cosa significa?

Matteo Bassetti: «Siamo nell’ambito delle probabilità, appunto, non delle certezze, altrimenti avrebbe sospeso il vaccino. Il rischio che si verifichi una trombosi a causa del vaccino è di 1 caso ogni 600mila somministrazioni: siamo quasi vicini alla probabilità che ci cada in testa un asteroide, insomma è veramente ridotto. Io preferisco fare un paragone con le cinture di sicurezza, che notoriamente sappiamo che salvano milioni di vite, proteggendo dalle conseguenze di tamponamenti e incidenti automobilistici: può sempre capitare che qualcuno finisca in un fiume e, causa della cintura, rimanga bloccato o persino morendo annegato, ma è meglio puntare il dito su questa eventualità o ricordarsi degli altri milioni di casi nei quali la cintura evita il peggio? Per il vaccino è lo stesso. Pur comprendendo chi magari ha avuto un familiare con un effetto collaterale grave, cerchiamo di non perdere di vista il bene pubblico: siamo in piena emergenza sanitaria e abbiamo ancora centinaia di vittime al giorno, occorre proseguire con la campagna vaccinale».

 

Le donne sono più a rischio?

Matteo Bassetti: «Le probabilità di eventi avversi interesserebbero casi di piastrinopenie, cioè piastrine basse, in particolare sotto i 40 anni, e sono molto rare. Inoltre, il rischio di trombosi in chi prende la pillola anticoncezionale c’è a prescindere dal vaccino: è difficile stabilire se un’eventuale trombosi cerebrale sia dovuta al vaccino o alla terapia ormonale. Io dico che, come per altre cure farmacologiche, si deve informare il paziente che, firmando un consenso, deve essere consapevole degli eventuali effetti collaterali che sono connessi alla somministrazione di qualunque tipo di farmaco».

 

Cosa si sente di dire a chi ha ricevuto la prima dose e ha paura?  

Matteo Bassetti: «La seconda dose non dovrebbe creare problemi, perché le eventuali reazioni avverse si verificano alla prima somministrazione. Se però qualcuno ha paura, si può anche pensare di non fare il richiamo: l’esempio inglese dimostra che anche una sola dose protegge e riduce le ospedalizzazioni, anche se io preferirei sempre la doppia dose, magari procastinando la seconda».

 

Le Regioni chiedono chiarezza. La nuova circolare è sufficiente?

Matteo Bassetti: «Questa volta Aifa ci ha messo la faccia, intervenendo alla conferenza stampa con il direttore generale, Nicola Magrini, e il ministero ha dato indicazioni chiare: il vaccino AstraZeneca è raccomandato negli over 60, ma non si tratta di una imposizione perché può essere somministrato potenzialmente a tutti dai 18 anni in su. Io dico che dobbiamo guardare l’aspetto positivo di questa vicenda: concentriamoci su quella fascia d’età tra i 60 e gli 80 anni, che rappresenta anche quella destinataria dei vaccini antinfluenzali, perché più fragile. Solo così ridurremo mortalità e ospedalizzazioni. Ai giovani penseremo dopo, quando avremo altri e maggiori quantitativi di vaccini».

 

Ma come fare ad aumentare le dosi disponibili?

Matteo Bassetti: «Io credo che il caso AstraZeneca abbia creato un precedente: nel momento in cui Ema ha lasciato ai singoli Stati la decisione sulla gestione del vaccino, è lecito che i Paesi membri, in quanto Stati sovrani, possano rivolgersi anche al mercato extra europeo in autonomia, con accordi diretti con i fornitori. In India, ad esempio, ci sono 100mila vaccini Pfizer disponibili: li pagheremmo di più? E’ vero, ma forse risparmieremmo rispetto al fatto di tenere economicamente fermo il Paese».

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