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Il Patto

Perché è importante il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia

Giovedì Macron sarà a Roma per firmare con Draghi l’accordo bilaterale. Cosa cambia nello scacchiere europeo se l’asse italo-francese diventa più forte

Perché è importante il Trattato del Quirinale tra Italia e Francia

Stringere un ‘patto’ che rafforzi i legami tra i due Paesi che sono stati fondatori dell’Ue e della Nato. Il presidente francese Emmanuel Macron sarà a Roma giovedì per sottoscrivere il Trattato del Quirinale, un accordo bilaterale a cui gli sherpa dei rispettivi governi lavorano già da prima della pandemia, esattamente da quando a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni. Un percorso diplomatico che ha vissuto di vicende alterne – si ricordi il ‘gelo’ tra Roma e Parigi quando il ministro del Lavoro del Conte I, Luigi Di Maio, fece visita ai gilet gialli in protesta nelle città d’Oltralpe – ma che tra due giorni arriva alla firma finale. Il Trattato punta ad una ‘cooperazione’ più forte ed estesa su “difesa, politica estera, sicurezza, economia e politica migratoria, oltre che su settori come istruzione, ricerca e cultura”.

 

Il premier italiano, Mario Draghi, ha voluto fortemente un’accelerazione delle trattative in accordo con il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella. La forte vicinanza tra i due Paesi è stata cementata anche dalla visita lo scorso luglio dell’inquilino del Colle all’Eliseo. Ma che significato ha oggi la sottoscrizione di un accordo bilaterale tra Italia e Francia? 

 

I risvolti potrebbero essere molteplici. Ma sono due le traiettorie principali su cui si muovono i due Paesi. La prima riguarda i rapporti di forza all’interno dell’Unione Europea post-pandemica, che si accinge a chiudere l’era di Angela Merkel e una lunghissima parentesi (durata oltre sedici anni) in cui è stato indiscutibile il ruolo centrale, diremmo preponderante, di Berlino nelle scelte più strategiche del Vecchio Continente. Altrettanto evidente è che la storia politica dell’Ue è stata contraddistinta dagli anni sessanta in poi da un’‘amicizia’ molto stretta e da un asse di forte collaborazione tra Germania e Francia.

 

Già nel 1963 il Trattato dell’Eliseo, firmato da due giganti nello scenario politico continentale, Charles de Gaulle e Konrad Adenauer, sugellò una ‘pace’ che avrebbe pesato nei rapporti di una Comunità in via di definizione e che di passi avanti, prima di arrivare ad un assetto ‘unionale’, ne aveva ancora tanti da compiere. Quel Trattato è stato rinnovato nel 2019 e rilanciato ad Aquisgrana da Emmanuel Macron e la Cancelliera, i quali non a caso hanno scelto per quella firma la città tedesca che storicamente rappresenta un punto di congiunzione tra i due Paesi. In questo quadro protrattosi a lungo, l’Italia ha finito col subire l’alleanza franco-tedesca e non sarebbe stato gioco facile provare ad incrinarla. 

 

Ma due fattori hanno giocato a favore negli ultimi anni di un accordo bilaterale, altrettanto robusto, tra Roma e Parigi. Da un lato, il rafforzamento di un’alleanza di fatto dei Paesi del Mediterraneo quando i 27 hanno deciso il finanziamento del Next Generation Eu per assicurare la ripresa dopo la crisi economica determinata dal virus. In quell’occasione – un anno e mezzo fa - Macron ha abbandonato la linea dei ‘falchi’ tedeschi e del Nord Europa per allinearsi a Italia e Spagna. Ricordiamo che quello fu anche il tavolo che ha adottato la storica decisione di emettere debito comune, la prima volta per l’Unione Europea.

 

In entrambi i casi lo spostamento nello scacchiere del ruolo di Parigi è stato fondamentale. Tanto che la stessa Merkel alla fine appoggiò i Paesi del Sud ‘tradendo’ il consueto asse con i ‘frugali’, capeggiati da Olanda e Austria. Dall’altro lato, bisogna considerare l’accelerazione imposta dalla situazione politica tedesca. Con Angela Merkel fuori dalla scena - e l’improbabilità che la Germania abbia un leader altrettanto forte, capace per straordinarie intelligenza e doti diplomatiche di sciogliere le crisi più insidiose - Parigi ha tutto l’interesse ad avere un rapporto agevolato con l’Italia. Un Paese che da quando Mario Draghi è premier, in soli pochi mesi, ha saputo conquistare un ruolo centrale e di grande autorevolezza, non solo in Europa ma a livello mondiale. Complice la presidenza di turno del G20 e la messa in moto del ‘multilateralismo’, cardine della politica estera voluta dal presidente del Consiglio.

 

Draghi è oggi un riferimento nelle relazioni internazionali e Roma ha interesse a rafforzare i rapporti con i cugini francesi. Ora che l’Europa deve far partire discussioni importanti su Patto di stabilità, difesa, sicurezza e migranti – spinta da ‘circostanze condizionanti’ di peso – Italia e Francia più unite rappresentano una barriera contro politiche di austerità, in ogni caso un argine al pressing del fronte del Nord. Questo non significa che i due Paesi abbiano interesse a marginalizzare la Germania. Tutt’altro.

 

L’amicizia con Berlino resta un perno fuori discussione. Ma l’obiettivo è esercitare una maggiore influenza in una Unione Europea dal futuro incerto. In Francia si vota in primavera per l’Eliseo, in Germania prima dicembre è difficile che si formerà il nuovo governo, in Italia la fine del settennato di Mattarella e la scelta del suo successore determinerà la possibilità o meno che la legislatura si concluda nel 2023. 

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