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I politici e la gestione della salute

La sanità è questione troppo seria per farne campagna elettorale?

Nei programmi accenni generici ai problemi del Servizio sanitario, mentre la Calabria ricorre ai medici cubani e il ministro Speranza si fa le nomine

La sanità è questione troppo seria per farne campagna elettorale?

Purtroppo, sono pessimista. Nonostante l’eco suscitata nelle settimane scorse quando abbiamo lanciato il tema dell’assenza della sanità dalla campagna elettorale (ci ha fatto da sponda il Corriere della Sera con gli interventi di Gianfelice Rocca e Marco Elefanti mentre sul nostro sito sono scesi in campo Walter Ricciardi, consulente del ministro Speranza, Anna Parente, presidente della Commissione Sanità del Senato, e il medico-scrittore Giovanni Savignano), i politici di tutti i partiti continuano a evitare qualsiasi accenno alla gestione della salute e al sempre più difficile rapporto tra i pazienti di un Paese anagraficamente più vecchio degli altri e il sistema che li assiste, fatto da medici, infermieri e personale sanitario che faticano ogni giorno di più a far fronte alle esigenze e alle emergenze. 

 

Eppure, ci sembrava che proprio l’Italia dovesse interrogarsi ben più di tutti gli altri paesi: sul totale di un milione di morti per Covid nel mondo, noi ne abbiamo avuti ben 175 mila, quasi un quinto del totale, mentre come popolazione rappresentiamo ovviamente molto ma molto meno. Neppure questo dato duro e rivelatore ha smosso leader e comprimari impegnati prima nella guerra delle liste e poi a disquisire di cose lontano dalla realtà, eccezion fatta ovviamente per le bollette energetiche di famiglie e imprese (sulle quali, peraltro, ben poco da soli possiamo fare e quel poco lo sta facendo il governo Draghi, pur dimissionario).

 

Nel frattempo sono arrivati altri due fatti che, ove ve ne fosse stato bisogno, testimoniano l’assoluta strategicità della ricerca di un nuovo equilibrio nella gestione della sanità: Jeff Bezos, fondatore di Amazon, è in corsa per acquistare a suon di miliardi una delle principali società americane dell’assistenza sanitaria a domicilio, mentre a casa nostra la Calabria ha fatto arrivare da Cuba 50 medici per cercare di tappare le falle delle Asl locali, visto che i colleghi italiani cercano di evitare di lavorare dalle parti di Reggio Calabria, Cosenza e Catanzaro. Bezos, non a caso il re mondiale dell’e-commerce, ha capito più e prima di tutti che solo rinforzando le cure a domicilio è possibile affrontare meglio il presente e il futuro della sanità: avremo medici e infermieri a casa, allo stesso modo con cui ci arrivano i pacchi di Amazon, e come ai tempi degli ormai mitici medici-condotti di paese tutto resta e resterà affidato all’umanità e alla professionalità di chi si reca, o viene spedito, dal malato-cliente.

 

Il caso calabrese sintetizza benissimo tutte le contraddizioni italiane della sanità: una regione che (lo raccontava e lo racconta l’ex ministro Tremonti) in certi anni non ha avuto nemmeno una contabilità ufficiale della sua spesa sanitaria, risolve la carenza di medici prendendoli dall’Avana. E’ uno schiaffo a tanti ragazzi meridionali che si laureano ma vogliono lavorare al Nord o all’estero, ma è anche la dimostrazione che i medici mancano, che gli stipendi non sono adeguati all’impegno richiesto e che il fattore ambientale pesa sulle scelte. Tuttavia, va detto che il presidente della Regione, Occhiuto, e l’ambasciatrice di Cuba in Italia, Mirta Grande Averhoff, hanno risolto bene i rispettivi problemi, visto che l’isola caraibica che ha sempre avuto un’ottima tradizione medica, è in grave crisi dopo la mancata fine dell’embargo americano. Vedremo come andrà il matrimonio fra i colleghi cubani e una delle regioni più belle e tormentate del Sud (nella foto di apertura l’Hospital clinico Quirurgico Hermanos Meijeiras dell’Avana e l’ambasciatrice del paese caraibico in Italia).

 

I partiti intanto hanno fatto i compitini e inserito nei programmi elettorali le 20 righe di prammatica sulla sanità: sono tutte pressochè uguali, soprattutto quelle di centrodestra e centrosinistra: tutti vogliono assumere più medici, dimenticando che prima bisogna formarli e questo è purtroppo uno dei problemi più difficili da affrontare con il rischio di immettere negli ospedali colleghi che non hanno fatto tirocinio alcuno. Il centrodestra vuole anche estendere le prestazioni sanitarie esenti da ticket, omettendo che sono anni che si va in direzione contraria per ridurre la spesa. Il centrosinistra vuole “dimezzare entro il 2027 i tempi massimi delle liste d’attesa per esami diagnostici e interventi con un sistema di incentivi-sanzioni e di mobilità tra strutture sanitarie”. Impegno lodevole, a parte la data fissata perchè fra quattro anni saremo quasi certamente già in campagna elettorale di nuovo (se il governo che si formerà non sarà caduto prima), e potremo vedere se i buoni propositi sono stati realizzati o piuttosto si tratterà solo di rinnovare le promesse.

 

Come sappiamo, e nella mia Asl lo stiamo facendo, le liste di attesa si riducono se c’è conoscenza delle esigenze mediche del territorio, una buona programmazione e il lavoro concorde di tutti i protagonisti, e qui un sistema di incentivi più che di sanzioni (nel pubblico e di fronte a centinaia di sigle sindacali non funzionano) potrebbe aiutare. Infine, tutti puntano ma senza scendere nei dettagli, sulla sanità di prossimità e la medicina territoriale. E’ quello che prevede anche il Pnrr, ma sinora nessuno si è spinto a delineare un modello calato nella realtà e, cosa fondamentale, nella peculiarità dei diversi territori.

 

Calenda e Renzi pongono invece il tema giusto della governance della sanità ma propongono di redistribuire i poteri: allo Stato il coordinamento e l’analisi dei dati, alle Regioni l’erogazione e la gestione dei servizi. Un pannicello caldo che non scontenta nessuno. I grillini invece vorrebbero esautorare le regioni (dove non hanno nessun peso) e riportare tutto alla gestione centrale dello Stato e solo ora che sono all’opposizione dicono no alle interferenze politiche nelle nomine dei dirigenti sanitari. Vasto programma, visto che la gestione della sanità è l’avamposto più importante, insieme alle grandi partecipate pubbliche (che però sono quotate in Borsa, quindi l’incidenza è minore) dell’influenza politica sulla gestione della cosa pubblica. E invertire la rotta non è nè facile, nè agevole: sarebbe invece augurabile per cambiare passo, in attesa della prossima riforma, una collaborazione qualitativamente migliore tra i dirigenti indicati dalla politica e la struttura medica, con rispetto reciproco nell’interesse generale dei pazienti. 

 

E il ministro Speranza intanto che fa? Promuove a capo della più importante Direzione del ministero, quella della Programmazione sanitaria (tra tanto altro, gestisce anche i fondi del Pnrr), il suo ex capo della segreteria tecnica ed ex compagno di scuola, Stefano Lorusso. Al di là delle competenze stesse di Lorusso, una nomina di tale peso andava ovviamente lasciata al governo che nascerà dalle elezioni. Draghi ne era informato, ha condiviso la scelta? Sappiamo tutti infatti che tale nomina concretamente vale più di cento comizi e proposte su come migliorare il Servizio sanitario.

 

Ma perchè, alla fine, i politici in campagna elettorale evitano accuratamente di parlare di sanità, di cosa va bene e di cosa va male nei nostri ospedali e nelle nostre Asl? Potremmo dire, e non saremmo lontani dal vero, che si tratta di una cosa troppo seria per lasciarla alla campagna elettorale nel senso che non solo noi medici con il personale sanitario e i pazienti tutti potremmo facilmente renderci conto di chi parla a vanvera e di chi conosce i problemi. E sarebbe una cartina di tornasole cui i politici non sono abituati. Tra l’altro, nemmeno nei compiti a casa dei programmi nessun partito ha affrontato il tema del rapporto tra sanità pubblica e strutture private, e anche questo indica una sorta di coda di paglia che non conviene agitare. Poi il trauma del Covid è troppo fresco per rinfacciarselo, visto che nessuno è innocente e infatti sinistra e destra si sono rimpallati i disastri iniziali solo per un attimo e poi non hanno aperto più bocca. 

 

Noi continueremo a tener desta l’attenzione, perchè come se non bastasse la situazione che ben conosciamo, anche le grandi emergenze di questo periodo, dalla guerra all’inflazione, hanno ovvi effetti diretti e indiretti sulla salute di tutti e quindi sui pregi e i difetti del nostro servizio sanitario.

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