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La tv pubblica

Caso Fedez, quando il rapper fa tremare la politica sulla Rai

E per le prossime nomine Fabio Vaccarono, vice presidente Google e Ceo Google Italy, da tempo si è chiamato fuori dalla corsa in quanto non disponibile

Caso Fedez, quando il rapper fa tremare la politica sulla Rai

Questa volta la grana per Mario Draghi è grossa e non basterà ricorrere agli equilibrismi dei precedenti esecutivi. Se si vuole dare davvero un segnale di cambiamento sulla Rai non sarà sufficiente fare le nomine ‘giuste’. Serviranno persone capaci e autorevoli, in grado quanto meno di restituire alla tv pubblica una parvenza di autonomia dalla politica. Il caso Fedez-Rai - il cantante rap da 12 milioni di follower sui social, che ha denunciato il tentativo di censura in diretta sul terzo canale durante il concertone del 1 maggio - è solo la cartina al tornasole delle miserie di una politica arrivista, che sa molto bene come lottizzare, spartire posti, manipolare i contenuti. Ma anche di una politica pronta a seguire il vento del consenso, persino quello di un divo del web, che in pochi minuti ha costretto molti a tirar giù la maschera. 

 

La corsa per la nomina del nuovo Consiglio di amministrazione di Viale Mazzini è cominciata in un contesto inedito. Quello di una maggioranza mai così ampia e di una sparuta opposizione che, pure, non ha intenzione di mollare. Sono 7 i consiglieri da scegliere. Quattro saranno indicati dal Parlamento, uno dai dipendenti dell’azienda. Presidente e amministratore delegato scelti da Palazzo Chigi. La legge vuole così. Pd e 5Stelle hanno già messo le mani avanti. Dopo aver ‘sposato’ la causa del rapper - che ha denunciato il tentativo di censura sul suo monologo e le frasi omofobe della Lega - chiedono una riforma della governance della tv di Stato. “Riformare la Rai e sottrarla all’ingerenza della politica”, tuona l’ex premier Giuseppe Conte. Rilancia l’idea di una fondazione il Pd per “ristabilire una distanza tra Rai e politica”. Ma a suo tempo sono stati i Cinquestelle a scegliere con la Lega un amministratore delegato praticamente sconosciuto, Fabrizio Salini, e il presidente Marcello Foa, adesso con gli scatoloni in mano per far posto ai successori. Ed è il Carroccio di Matteo Salvini l’imputato del caso Fedez

 

Ma cosa sta succedendo a Viale Mazzini? In realtà nulla di nuovo. La politica è sempre entrata a gamba tesa quando si è trattato di nomine nei ruoli chiave della televisione di Stato. Solo che, fino a un paio di decenni fa, si conservava una forma, una modalità per cui certe ‘manovre’ dovevano farsi con discrezione. Oggi è tutto urlato, strasaputo, lottizzato con un’imbarazzante impudenza. E con la tracotanza di una politica che non ha nemmeno la decenza di scegliere tra i migliori. Ecco, l’unica cosa che può Draghi per provare ad invertire la rotta è selezionare almeno persone molto qualificate, che sappiano cosa vanno a dirigere. E che una volta nei posti di comando, per il bene dell’azienda, siano capaci di dire sonori ‘no’ alla politica. Utopia? E’ probabile. Finita in una bolla mediatica la tempesta sul caso Fedez, i partiti sono pronti ad affilare le armi sulle nomine da fare nelle prossime settimane.

 

Il toto-nomi impazza e coinvolge anche personaggi noti. Novità potrebbero esserci per la preferenza accordata ad ‘interni’ dell’azienda. Tuttavia, per l’incarico di presidente in pole position ci sono anche volti noti del mondo del giornalismo come Ferruccio De Bortoli e Marcello Sorgi. Per quello di amministratore delegato si fa, insistente, il nome di Tinny Andreatta, figlia di Beniamino Andreatta, che ha lavorato a lungo in Rai e ora è in Netflix. Mentre Fabio Vaccarono, vice presidente Google e Ceo Google Italy, uno dei personaggi che da sempre la politica ha ritenuto come il più adatto a traghettare la Rai nell’era digitale, si è da tempo chiamato fuori, facendo sapere la sua non disponibilità all’incarico Ma una cosa è certa: chiunque guiderà per i prossimi anni Viale Mazzini, se non sarà in grado di restituire alla tv pubblica la dignità di una maggiore indipendenza dai partiti, fallirà l’obiettivo più importante. 

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