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Covid, Bassetti: No a lockdown totali, aprire al vaccino russo

L’infettivologo boccia l’esposto contro Pfizer, ma promuove la zona rosso scuro voluta dall’Unione europea. Cosa c’è da sapere sulle varianti del virus

Covid, Bassetti: No a lockdown totali, aprire al vaccino russo

Mentre è braccio di ferro tra l’Unione europea e AstraZeneca per i ritardi annunciati nella consegna delle dosi, a pesare sono anche gli slittamenti nella fornitura delle dosi di Pfizer. Preoccupano, poi, le varianti del virus, mentre da Bruxelles arrivano nuove restrizioni ai viaggi. Facciamo il punto con il prof. Matteo Bassetti, Direttore della Clinica di Malattie Infettive dell’Ospedale San Martino di Genova.

 

Nelle ultime ore si parla molto di vaccini per i ritardi di Pfizer e quelli, annunciati, di AstraZeneca che il 29 gennaio potrebbe ricevere il via libera dell’Ema, l’Agenzia europea del Farmaco. Cosa ne pensa?

Matteo Bassetti: «All’inizio abbiamo cercato l’unità a livello europeo, con un contratto unico, ma la situazione è poi cambiata e ora l’Italia rischia di rimanere cornuta e mazziata a causa dei ritardi nelle forniture e di accordi bilaterali stipulati dalle aziende farmaceutiche con alcuni Paesi. L’Italia, facendo parte dell’Europa, deve aspettare le autorizzazioni dell’Ema per acquistare vaccini come quello cinese o russo, ma si credo che occorrerebbe spingere gli enti regolatori a valutare queste possibilità. Dai dati pubblicati sulla rivista The Lancet e comunicati in occasione di diversi congressi internazionali, per esempio, risulta che il vaccino russo Sputnik ha una buona efficacia e tollerabilità».

 

Proprio l’Ungheria ha già annunciato di volersene dotare, nonostante sia stato somministrato in Russia prima della fine della fase 3 di sperimentazione. Cosa risponde a chi solleva dubbi sulla sicurezza?

Matteo Bassetti: «In Russia hanno condotto una sperimentazione molto particolare: dopo la fase 1 sono passati alla 2 clinica applicata, ma su molti pazienti. Dal 27 gennaio, poi, sono state tolte le restrizioni ai movimenti, con bar, ristoranti e cinema aperti, perché hanno vaccinato una gran parte della popolazione. La Russia conta da sempre su un’industria farmaceutica molto buona, quindi credo che possa essere un’opportunità, dopo le valutazioni del caso da parte dell’Ema.

E’ una lotta contro il tempo, certo arriveranno anche il vaccino italiano e altri, ma quando? Nel 2022? Qui è si tratta della capacità dei singoli Paesi di mettersi al sicuro: alcuni, come Israele che si è approvvigionato di dosi sufficienti, avrà vaccinato tutta la popolazione entro la fine di marzo; il Regno Unito è al 10% quindi è verosimile che abbiano l’immunità di gregge entro l’estate. Anche gli Stati Uniti stanno accelerando, quindi attenzione: potrebbe crearsi un problema se non saremo in grado di ripartire completamente anche noi da un punto di vista economico. Bisogna dunque attrezzarci, rapidamente, ma non denunciando le Big Pharma».

 

Secondo lei è stato un errore l’esposto a Pfizer per i ritardi nelle consegne del vaccino?

Matteo Bassetti: «La denuncia è molto populista, ma cosa si ottiene? Si corre anche il rischio che non siano consegnati i vaccini concordati. E’ vero che Pfizer è andata in difficoltà in uno degli stabilimenti di produzione, che hanno causato il rallentamento di alcune settimane, ma se nel trimestre ci darà le dosi prenotate, credo che non si possa fare nulla. Credo sia molto più problematico quello che sta accadendo con AstraZeneca, perché l’Italia aveva un accordo per una fornitura molto importante e un taglio del 50/60% potrà creare grossi problemi».

 

Parliamo del vaccino italiano, Reithera. Ha appena ricevuto un nuovo finanziamento da Invitalia, di cui il commissario Arcuri è anche amministratore delegato. Quando lo avremo, verosimilmente, e quanto sarà utile?

Matteo Bassetti: «E’ un’ottima iniziativa, ma non credo che porterà frutti a breve termine, perché potrebbe essere pronto per la fine dell’anno; forse si potrà anticipare di qualche mese, ma non sarà il vaccino italiano Reithera a farci uscire da questo 2021 che è un anno di svolta. Nel 2022 potrà servire ai giovani e ad altre categorie, ma noi adesso dobbiamo mettere in sicurezza gli anziani e le persone più fragili come gli immunodepressi: non possiamo attendere, sarà troppo tardi. Saremo al secondo o terzo giro, noi invece dobbiamo far sì di essere al primo giro».

 

Nel frattempo abbiamo a che fare con le varianti inglese, sudafricana e brasiliana. C’è davvero da preoccuparsi dell’efficacia dei vaccini?

Matteo Bassetti: «Intanto va detto che quella inglese ha circolato o circola anche in Italia. La differenza è che nel Regno Unito hanno una maggiore capacità di fare diagnosi e sequenze genomiche migliore della nostra, potendo contare su un maggior numero di laboratori attrezzati per questo: da noi spesso non si è in grado di stabilire la quantità di carica virale, quindi occorrerebbe investire di più. A preoccupare di più, però, sono le altre due varianti, la sudafricana e la brasiliana, perché hanno un meccanismo, che si chiama “escape”, che permette di “sfuggire” agli anticorpi, compresi quelli prodotti col vaccino, quindi ci potrebbe essere il rischio di riammalarsi. Non ci sono dati scientifici sul fatto che chi si reinfetta lo faccia in modo più aggressivo, quindi ad oggi riteniamo che i vaccini siano efficaci. In ogni caso sia Pfizer che Moderna hanno annunciato di essere in grado di produrre nel giro di poche settimane una eventuale terza dose che potrebbe metterci al sicuro anche dalle varianti. L’allarmismo, insomma, non giova e rischia di far aumentare la percentuale di scettici al vaccino dal 30% al 50%».

 

Cosa ne pensa delle zone rosse scuro dell’Unione europea?

Matteo Bassetti: «E’ una colorazione già in uso in Europa per i batteri resistenti agli antibiotici e noi come Italia siamo già uno dei Paesi dove questa resistenza è tra le più alte. La zona rosso scuro potrebbe funzionare in alcune aree italiane, dove per esempio prima di Natale avevamo una situazione che secondo me sarebbe stata persino da nero, come in Veneto o Friuli. Il sistema a colori è il male minore, specie in confronto al lockdown nazionale, che ritengo un sistema barbaro: non ha un’evidenza scientifica a sostegno e fu adottata nel ‘500 per la peste. Oggi non ha senso: se ci sono realtà dove si deve “bloccare”, facciamolo, ma non facciamo di tutt’erba un fascio. Noi siamo un paese grande, con 65 milioni di abitanti: ciò che può essere giusto in Lombardia o Liguria, può non esserlo in Sardegna o Calabria.

Ciò che è importante, però, che il sistema a colori sia un meccanismo anche “premiale”: se la Regione lavora bene, i cittadini sono ordinati, le terapie intensive sono libere, è giusto scendere di livello, non solo al giallo ma anche - ci auguriamo – al bianco con una situazione di “normalità”».

Guarda la video-intervista a Metteo Bassetti.

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